L’ipertensione
arteriosa sistemica nel gatto (più semplicemente definita: ipertensione) è una
condizione patologica nota in medicina felina ma spesso sotto diagnosticata,
che consiste in un aumento della pressione generale del sangue. La diagnosi di ipertensione non è così intuitiva ed immediata poiché il
danno non sempre risulta evidente; le conseguenze, purtroppo, possono però risultare gravi, talora
irreversibili, data la natura degli organi a
maggior rischio di compromissione (target organ damage- TOD) ossia occhi,
cuore, cervello e reni. In linea generale la pressione sanguigna (blood pressure-BP)
dipende dalla frequenza cardiaca (heart rate-HR), dal volume di sangue eiettato
dal cuore (stroke volume–SV) e dalle resistenze vascolari periferiche (systemic
vascular resistance-SVR). Alla base del
corretto mantenimento pressorio c’è un complesso meccanismo endocrino e
neurologico coinvolgente il cervello, il cuore, i reni, i vasi e fattori
tissutali locali.
L’ipertensione
sistemica arteriosa viene distinta in: idiopatica (o primaria) quando non si
riscontrano evidenti patologie causali e secondaria ossia dovuta a malattie sottostanti
identificabili quali: insufficienza renale cronica, ipertiroidismo,
iperaldosteronismo primario, iperadrenocorticismo e feocromocitoma. La forma
secondaria è quella più frequente nella specie felina e richiede un intervento
terapeutico che gestisca sia la patologia in atto, che l’ipertensione
derivante. Una terza possibilità, da tener ben presente quando si ha a che fare
con i gatti, è un fisiologico aumento di pressione dovuto a eccitamento e
ansietà in corso di visita veterinaria, con normale attivazione del sistema
nervoso simpatico.
L’ipertensione
è una condizione dannosa soprattutto per i tessuti con ricca rete arteriolare
di supporto e, in generale, per il sistema cardiocircolatorio: occhi, cervello,
reni e miocardio, pertanto, sono più a rischio di compromissione rispetto ad
altri distretti (TOD). A livello clinico, però, non sempre è presente un danno
evidente a tali organi e prevalgono piuttosto i sintomi della malattia in atto,
da cui deriva anche una condizione di ipertensione sistemica. A livello oculare
una BP costantemente uguale o al di sopra di 160mmHg può portare a retinopatie e corioidopatie con
rischio di emorragie, edema e distacco retinico nonchè ifema, emorragie del
vitreo e glaucoma. A livello cerebrale,un
elevato e protratto aumento di pressione del sangue è in grado di causare encefalopatia e segni neurologici quali
letargia, atassia, depressione grave del sensorio, segni vestibolari, oltre a
possibile edema cerebrale e arteriosclerosi. A livello cardiaco ipertensione ed
elevata SVR danno un aumento di carico a livello di ventricolo sinistro,
favorendo l’insorgenza di un’ipertrofia cardiaca ventricolare sinistra concentrica.
Per quanto concerne i reni, infine, frequentemente l’ipertensione rientra in un
quadro più ampio di malattia renale cronica di cui tende ad aggravare la
perdita urinaria di proteine (proteinuria).
Vista
l’importanza degli organi bersaglio a rischio di danneggiamentoto, si evince come
una diagnosi precoce di ipertensione sistemica arteriosa sia più che mai
necessaria. Questa condizione tende ad insorgere con maggior frequenza nei
soggetti anziani, 13-15 anni di media, e il principale strumento per
evidenziarla è la misurazione della pressione sanguigna, pratica che dovrebbe
essere attuata routinariamente nella clinica, indipendentemente dall’età dei
pazienti. Nella pratica ambulatoriale, per misurare la pressione sanguigna
sistemica in gatti svegli, si usano tecniche indirette quali apparecchi doppler
con sfingomanometri o oscillometri. Bisogna tener presente che il paziente
felino è particolarmente predisposto allo “stress da camici bianchi” pertanto
diventa fondamentale standardizzare la procedura seguendo linee guida che
aiutino a raggiungere l’obbiettivo
riducendo al minimo il rischio di rilievi falsati dall’agitazione del gatto
(ambiente “dedicato” tranquillo, a bassa rumorosità o stimoli stressanti; tempo
tecnico per fare acclimatare il paziente; pochi operatori nella sala; minime
manovre di contenimento; corretto posizionamento della cuffia). Un altra
difficoltà deriva dalla scelta degli intervalli di riferimento di BP,
differenti a seconda dello strumento e, di fatto, non ancora standardizzati in
maniera definitiva. Secondo le linee guida seguite dalla nefrologia (IRIS) si
afferma che un gatto risulta: normoteso se la BP minore di 150mmHg; al limite
dell’ipertensione tra 150 -159 mmHg; iperteso160-179 mmHg; gravemente iperteso
180mmHg.
La
terapia dell’ipertensione ha come obbiettivo il ridurre il rischio di TOD che,
secondo le linee guida IRIS, può manifestarsi con valori al di uguali o
maggiori di 160mmHg. Ogni qual volta si rileva una BP sopra la norma
bisognerebbe innanzitutto indagare per malattie sottostanti che possono creare
questa condizione e intervenire su di esse. Il farmaco di scelta specifico per
la gestione dell’ipertensione è l’amlopidina, un potente vasodilatatore
arterioso che determina una riduzione della SVR e della BP con effetti
collaterali minimi; è stato inoltre visto che può diminuire la proteinuria in
soggetti con insufficienza renale cronica. Esistono anche altri farmaci che indirettamente possono agire sull’ipertensione
quali gli ACE inibitori e i beta bloccanti, ma sembrano essere meno efficaci
dell’amlopidina e avere maggior variabilità di risposta in base al paziente. La
dose di amlopidina è 0,625mg/gatto ogni 24 ore che può esser portata
a 1,25mg/gatto in soggetti con BP oltre 200mmHg, monitorando le variazioni
di pressione nelle prime 24-72h. In soggetti che non evidenziano TOD, si dovrebbe
rivalutare la terapia ogni 7-10 giorni anche in base ai segni clinici: se la
risposta risulta inadeguata, si può associare altri farmaci. L’obbiettivo della
terapia è quello di riportare nel minor tempo possibile (1-2 settimane) la
pressione sistemica al di sotto di 160mmHg e mantenerla tale motivo per cui il paziente andrebbe monitorato ogni 3 mesi circa, finché non si stabilizza.
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