Le dermatofitosi sono infezioni superficiali delle strutture cheratinizzate provocate da funghi chiamati dermatofiti appartenenti ai generi Microsporum, Trichophyton e Epidermophyton. Sono le malattie cutanee infettive più comuni nei gatti e rappresentano per l’uomo un importante rischio zoonosico. Infatti circa il 50% delle persone in contatto con gatti infetti contrae l’infezione.
Microsporum canis è il dermatofita isolato più comunemente nel gatto ma non fa comunque parte della normale flora fungina e il suo isolamento indica un’infezione in corso o il trasporto passivo del microrganismo sul mantello del gatto. La artrospore rappresentano lo stadio infettivo naturale.
I gatti si infettano sia per contatto diretto con un animale portatore sia tramite l’ambiente contaminato che rappresenta una riserva di spore. Bisogna inoltre considerare la trasmissione passiva attraverso spazzole o gabbie da trasporto anche perchè, a seconda delle condizioni ambientali, le spore possono rimanere infettanti per mesi.
Nel momento in cui un gatto entra in contatto con le artrospore ci sono diversi fattori che possono determinare lo sviluppo o meno dell’infezione:
*la toelettatura accurata eseguita abitualmente dai gatti rappresenta una “difesa naturale” importante contro l’adesione delle artrospore; infatti le zone più difficili da pulire come il muso sono le prime dove solitamente si manifesta l’infezione.
Inoltre le spore non possono penetrare nella cute sana ed è necessario un trauma anche lieve per determinare lo sviluppo della malattia.
*la macerazione della cute aumenta la capacità dei dermatofiti di penetrarla e favorisce la germinazione delle spore.
*la temperatura, in quanto la germinazione delle spore è termo dipendente.
*l’esposizione al sole può inibire la germinazione delle spore.
*i bagni troppo frequenti possono predisporre i gatti alla dermatofitosi in quanto rimuovono le difese naturali della cute.
Alcuni animali sembrano essere maggiormente a rischio: soggetti molto giovani o anziani, animali malnutriti, immunodepressi o comunque tutti gli animali che vivono in colonie in condizioni di sovraffollamento e stress.
La dermatofitosi nel gatto può avere molteplici manifestazioni cliniche e deve quindi essere inclusa tra le diagnosi differenziali delle dermatosi del gatto.
La lesione iniziale, pruriginosa o meno, è rappresentata da un’alopecia focale circolare o a margini irregolari che tende a espandersi verso la periferia eventualmente con scaglie o croste. I peli risultano rotti o alterati e le zone più colpite sono, soprattutto nei gattini, il muso e le zampe.
Sono possibili però molte altre manifestazioni cliniche.
La diagnosi è fatta da 3 procedure: esame con lampada di Wood, esame tricoscopico e identificazione del dermatofita in coltura.
La lampada di Wood serve per mettere in evidenza una fluorescenza verde mela emessa da alcuni dermatofiti quando sono esposti a luce ultravioletta. La fluorescenza indica però la presenza di metaboliti fungini e non delle spore e può pertanto essere falsata da shampoo o altri prodotti antimicotici. Inoltre solo il 50% dei ceppi di Microsporum canis risulta fluorescente.
L’esame tricoscopico richiede un minimo di esperienza e risulta più facile se si esaminano dei peli risultati positivi alla lampada di Wood. Si possono osservare direttamente le spore che invadono il pelo.
Infine l’esame colturale permette l’identificazione del genere e della specie ed è considerato indispensabile per la diagnosi di dermatofitosi. Non permette però di distinguere i portatori di spore dagli animali con lesioni subcliniche. Le colture dovrebbero essere osservate giornalmente per 20 giorni, tempo entro il quale anche i gatti sotto trattamento danno esiti positivi. Le colonie che si sviluppano devono poi essere osservate al microscopio per mettere in evidenza gli organi di fruttificazione.
La terapia mira all’eliminazione rapida della dermatofitosi per limitare o prevenire il contagio e minimizzare la contaminazione ambientale. Nonostante questo però gli animali sani e immunocompetenti sono in grado di guarire naturalmente.
La tosatura è consigliata solo in gatti fortemente colpiti o a pelo lungo per limitare la diffusione delle lesioni in quanto il mantello costituisce una riserva di spore fungine. Chi effettua l’operazione deve indossare camici protettivi e i peli devono essere raccolti e distrutti.
Il trattamento d’elezione è comunque la terapia sistemica anche se la dermatofitosi è solo localizzata e ci sono diversi farmaci che possono essere usati a tale scopo. Il più utilizzato, anche per la sua buona tollerabilità è l’itraconazolo alla dose di 5-10 mg/kg SID per via orale per almeno 4 settimane ma sono stati riportati anche schemi con terapia a giorni o settimane alterne.
Il prodotto è reperibile in Italia in capsule da 100 mg o in sciroppo (10mg/ml).
La terapia locale ha lo scopo di limitare il passaggio delle spore ad altri animali o nell’ambiente. La procedura richiede però molto tempo e non è sempre ben tollerata dai gatti. Il bagno dovrebbe essere fatto delicatamente per prevenire danni alla cute e bisognerebbe asciugare il mantello per prevenire la macerazione che compromette la barriere protettiva naturale.
I risultati delle terapie vanno monitorati accuratamente perché gli animali sono clinicamente normali prima di essere veramente guariti dalla dermatofitosi. I gatti dovrebbero essere trattati fino a quando l’esame colturale risulti negativo per 2-3 volte di seguito.
Data la lunga persistenza delle spore nell’ambiente anche questo deve essere trattato. Tappeti e moquette possono essere lavati con vapore acqueo e candeggina mentre tutte le superfici lavabili devono essere disinfettate con acqua e candeggina o, se possibile, immerse nella soluzione.
Articolo a cura della Dott.ssa Costanzo Francesca
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