L’iperaldosteronismo
primario (PHA) felino è una malattia endocrina derivante da un’eccessiva
secrezione di aldosterone da parte delle ghiandole surrenali. L'aldosterone è
il principale ormone mineralcorticoide prodotto dalla zona glomerulare della
corteccia surrenalica: esso regola il bilancio corporeo tra sodio (Na) e
potassio (K), il volume intravascolare dei fluidi e il corretto equilibrio
acido-basico. Il PHA è stato erroneamente considerato per lungo tempo una patologia
rara nel gatto oggi, invece, si preferisce reputarlo un’endocrinopatia sottodiagnosticata.
L’iperaldosteronismo
primario colpisce gatti di mezza età o anziani e non sembra esserci
predisposizione di razza o sesso. La causa più frequente è un tumore surrenalico
monolaterale, adenoma o carcinoma in egual misura; è stata descritta anche una
forma cosiddetta idiopatica, non tumorale, dovuta ad un’iperplasia bilaterale
surrenalica (ingrossamento di alcune aree ghiandolari) di origine sconosciuta.
Il PHA tumorale è stato inoltre
segnalato nell’ambito di patologie conosciute come neoplasie multiendocrine
(MEN) ovvero un insieme di diverse forme neoplastiche colpenti più ghiandole
endocrine contemporaneamente: un esempio è appunto l'iperaldosteronismo associato
ad insulinoma e ad adenoma secernente paratormone. I carcinomi surrenalici, tra
l'altro, sono in grado di secernere non soltanto ormoni mineralcorticoidi ma
anche altri quali il cortisolo e gli ormoni sessuali: in particolare è stato
descritto il PHA concomitante ad iperprogesteronismo con relativo diabete
mellito.
I
segni clinici dell’iperaldosteronismo sono correlati direttamente all’aumento
di produzione dell’ormone aldosterone che provoca ritenzione di sodio, con
conseguente ipertensione, e perdita di potassio da cui deriva una debolezza
generalizzata. I sintomi possono dipendere dall'origine del PHA, tumore o
iperplasia, e vengono genericamente riconosciute due differenti tipi di
presentazione della patologia: la miopatia ipokaliemica e la cecità improvvisa.
La miopatia ipokaliemica è il reperto più comune in corso di iperaldosteronismo
primario di origine tumorale ed è una disfunzione muscolare dovuta
essenzialmente alla carenza di potassio. La sintomatologia può essere lieve ed
episodica o grave e ad insorgenza acuta. I segni più classicamente riportati
sono: ventroflessione del capo, marcata debolezza muscolare generalizzata, con
maggiore evidenza a livello di arti posteriori, atassia, rigidità, disfagia e
collasso. Difficilmente si osserva questa presentazione quando il PHA è di
origine iperplastica.
L'iperaldosteronismo
primario idiopatico, da iperplasia ghiandolare, porta più frequentemente a
cecità improvvisa: i gatti spesso vengono riferiti alla visita per comparsa di
emorragie intraoculari o cecità derivante da distacco retinico. La ragione
principale di un siffatto quadro è una grave ipertensione arteriosa sistemica.
Esistono altri segni clinici ascrivibili a iperaldosteronismo primario, meno
frequenti e più aspecifici in realtà, quali: poliuria, polidipsia e polifagia,
probabilmente giustificata da una concomitante ipercortisolemia o
iperprogesteronemia.
In
corso di iperaldosteronismo il reperto biochimico più frequente è l'ipokaliemia
(diminuzione di potassio) sebbene di entità
piuttosto variabile; essendo questo un riscontro piuttosto comune nei
gatti anziani, la patologia viene spesso sottodiagnosticata. La persistenza di
ipokaliemia, nonostante una supplementazione iatrogena di potassio, dovrebbe
far sempre sorgere il dubbio di PHA. Un altro caso in cui è opportuno porre
l'iperaldosteronismo nel diagnostico differenziale è quello di gatti normo o
lievemente ipokaliemici, ma con ipertensione sistemica. A differenza del
potassio, la concentrazione ematica di sodio nei pazienti con PHA è solitamente
normale o lievemente aumentata, probabilmente per espansione volumetrica dovuta
alla ritenzione di sodio. Un parametro solitamente molto elevato, invece, nei
soggetti con miopatia è l'aumento dell'enzima muscolare creatin-chinasi (CK).
Un altro riscontro biochimico comune è l'aumento dei parametri renali,
creatinina e urea, troppo spesso imputate a insufficienza renale cronica
piuttosto che a iperaldosteronismo.
La
diagnostica per immagini gioca un ruolo fondamentale per riconoscere la
presenza di iperaldosteronismo, in particolare l'esame ecografico. Questo
risulta il miglior mezzo per valutare le ghiandole surrenali dei gatti, perché
permette di identificare la presenza di masse, anche monolaterali, o un aumento
volumetrico. Oltre a ciò consente di valutare l'eventuale invasione della vena
cava caudale da parte del tumore o l'eventuale trombosi del vaso oltre ad
anomalie in altri organi addominali. La diagnostica per immagini avanzata
(risonanza magnetica e tomografia computerizzata), a sua volta, può fornire
maggiori informazioni sull'estensione della neoplasia e sulla presenza di
eventuali metastasi.
La
conferma diagnostica di iperaldosteronismo si basa essenzialmente sul
dimostrare elevate concentrazioni ematiche di aldosterone, analisi eseguibile
da laboratori specializzati. Bisogna però ricordare che questo
mineralcorticoide può aumentare anche in corso di iperladosteronismo secondario
ad altre patologie quali l'ipovolemia e le nefropatie. L' aldosteronemia da
sola, pertanto, non è molto attendibile perchè non in grado di differenziare
tra un'endocrinopatia primaria e secondaria. Ecco perché bisognerebbe sempre
valutarla in correlazione con l'attività della renina plasmatica, elevata solo
nel caso di iperaldosteronismo secondario, mentre è molto bassa in soggetti con
PHA.
Il
trattamento iniziale dell'iperaldosteronismo primario è il controllo
dell'ipokalemia e/o dell'ipertensione sistemica: a tal fine si utilizza lo
spironolattone, antagonista competitivo dell'aldosterone. Questo approccio
medico difficilmente riporta i valori di potassio a livelli normali, permette
tuttavia un buon controllo della sintomatologia clinica. Nel caso di PHA di
origine tumorale, in ogni caso, l'opzione chirurgica risulta quella più
indicata: essa implica l'asportazione delle ghiandole surrenali
(surrenalectomia). Si tratta, perà, di un interbento con elevato rischio di
morte perioperatoria soprattutto dovuta a gravi emorragie della vena cava
caudale.
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