giovedì 17 dicembre 2009

Piroplasmosi (babesiosi canina)

La babesiosi canina è una malattia del cane trasmessa dalle zecche (soprattutto Rhipicephalus sanguineus) riconosciuta con frequenza crescente in tutto il mondo, dalle zone temperate a quelle tropicali. In molti paesi europei, questa infezione protozoaria costituisce la principale malattia trasmessa dalle zecche al cane, responsabile di una forma patologica caratterizzata da anemia emolitica. Questa malattia è diffusa in molti paesi quali Francia, Germania, Ungheria, Italia e Olanda. In altri paesi si segnalano numerosi casi di babesiosi canina successiva allo spostamento dell’animale in regioni endemiche.


Eziologia La babesiosi nel cane si associa più comunemente alla Babesia canis e alla B.gipsoni, protozoi che parassitizzano gli eritrociti e portano a un’anemia progressiva. B.canis ha una distribuzione ubiquitaria. La zecca si infetta assumendo i merozoiti durante il pasto di sangue su un cane infetto. La zecca femmina adulta è l’elemento più importante per la trasmissione, ma possono essere infette anche ninfe e larve. La zecca infetta trasmette il parassita alla generazione successiva attraverso l’ovaio e l’utero.
Il periodo di incubazione che segue l’infezione con B.canis varia da 10 a 21 giorni. La parassitemia si può rilevare transitoriamente dal primo giorno; dal giorno 14 essa diviene ricorrente, con un picco di presenza di organismi al giorno 20. L’agente si replica all’interno degli eritrociti provocando un’anemia emolitica intravascolare. Le reazioni immunomediate verso il parassita o gli antigeni propri alterati peggiorano lo stato di anemia. La stimolazione dei macrofagi scatena la risposta febbrile e l’epatosplenomegalia. L’ipossia grave è conseguenza della rapida distruzione degli eritrociti. In alcuni cani nella fase acuta compare coagulazione intravasale disseminata (CID). La gravità della malattia dipende dalla specie e dal ceppo di Babesia e dallo stato immunitario dell’ospite; in alcuni casi è comune un’infezione cronica sub-clinica. La somministrazione di glucocorticoidi o la splenectomia possono attivare la patologia cronica.
Caratteristiche cliniche
Le infezioni iperacute e acute da Babesia producono anemia e febbre, che si manifestano con pallore delle mucose, tachicardia, tachipnea, depressione del sensorio, anoressia e debolezza.
In alcuni cani sono presenti ittero, petecchie ed epatosplenomegalia, che dipendono dallo stadio della malattia e dalla presenza di CID. Nell’infezione acuta sono comuni la grave anemia, la CID, l’acidosi metabolica e la nefropatia. Le principali diagnosi differenziali sono l’anemia emolitica immunomediata e la leptospirosi.
I cani cronicamente infetti in genere mostrano dimagrimento e anoressia, in altri con infezione atipica si rilevano ascite, sintomi gastroenterici, patologie neurologiche, edema ed evidenza clinica di patologia cardiopolmonare. Sono possibili anche le infezioni subcliniche.


Diagnosi La diagnosi presuntiva si può basare sull’anamnesi (ad esempio, i cani condotti in aree dove la malattia è endemica sono particolarmente a rischio), sulla visita clinica e sui risultati dei test.
Esami di laboratorio: il quadro ematologico può variare, ma le principali altrazioni sono costituite da anemia rigenerativa, leucocitosi, trombocitopenia, iperbilirubinemia, emoglobinuria, acidosi metabolica, iperazotemia, gammopatia policlonale e cilindri tubulari renali.

Cane affetto da babesiosi:abbondante raccolta ematica in vescica.

La diagnosi definitiva di babesiosi si effetua dimostrando la presenza del parassita negli eritrociti su strisci ematici colorati o mediante esame microscopico diretto dei tessuti infetti. I parassiti possono essere presenti in basso numero nelle forme precoci e tra i picchi di parassitemia, per questo è preferibile prelevare il sangue di capillari periferici, come il letto ungueale, la superficie ventrale del padiglione auricolare e la faccia interna del labbro. Gli eritrociti possono contenere uno o più trofozoiti, presenti in coppia nella tipica conformazione a V.
Procedure affidabili per l’identificazione degli anticorpi specifici sono rappresentate dalle metodiche immunologiche, come l’IFAT o metodiche più avanzate volte alla ricerca del DNA del parassita come la PCR.
Diagnosi differenziale Nelle fasi iniziali la malattia può essere confusa con numerose altre infezioni febbrili. La diagnosi differenziale dell’anemia indotta da Babesia deve essere posta con le gravi infestazioni da anchilostomi o ectoparassiti, l’avvelenamento da rodenticidi anticoagulanti e l’anemia emolitica immunomediata.
Trattamento La prognosi è generalmente buona quando è possibile effettuare un trattamento anti-babesia in assenza di complicazioni. Tale terapia può essere iniziata non appena si evidenzia l’infezione. Il trattamento è rivolto all’eliminazione o riduzione del carico parassitario e al controllo dell’anemia grave.
L’Imidocarb dipropionato si somministra alla dose di 5,0mg/kg per iniezione intramuscolare profonda, due volte a distanza di due settimane per un totale di due trattamenti. Nella babesiosi acuta, la risposta al trattamento è rapida. Questo farmaco è generalmente ben tollerato. In alcuni casi possono verificarsi effetti collaterali come vomito transitorio, salivazione, tremori muscolari ed irrequietezza. Tali effetti possono essere controllati con la somministrazione di atropina (0.02mg/kg intramuscolare) e desametazone (0.3-0.5 mg/kg endovena).
La tossicità può indurre una necrosi epatica e dei tubuli renali.
I pazienti gravemente anemici dovrebbero essere sottoposti a trasfusione ematica, in aggiunta alla terapia specifica anti-babesia. I segni clinici che indicano la necessità di una trasfusione sono tachicardia, tachipnea e collasso, ma è utile anche l’esame ematologico (ematocrito <>Profilassi)
La prevenzione dell’infezione si basa sul controllo delle zecche attraverso trattamenti topici come prodotti spot-on, collari anti-zecche, bagni o spray e trattamenti ambientali con un acaricida a lunga durata d’azione.
La profilassi specifica anti-babesia può essere presa in considerazione quando l’animale deve essere portato in un’area endemica. L’Imidocarb dipropionato può prevenire l’insorgenza della malattia clinica per 4-6 settimane, consentendo la formazione di un certo grado di immunità nei cani esposti.I portatori sub-clinici di Babesia non devono essere utilizzati come donatori di sangue perché il parassita può essere trasmesso attraverso la trasfusione
A cura della dott.ssa Valentina Declame
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