Proseguiamo e concludiamo oggi il capitolo sulla calicivirosi felina, malattia infettiva virale causata dal calicivirus felino (FCV) e principalmente responsabile di affezioni alle alte vie respiratorie.
La diagnosi clinica risulta spesso presuntiva e si basa sul riscontro di sintomi respiratori quali congiuntivite, scolo oculo nasale, starnuti e ipersalivazione; aprendo la bocca del paziente è inoltre possibile osservare la presenza di ulcere soprattutto a livello di lingua e palato che nei soggetti giovani sono considerabili patognomoniche di calicivirosi. La certezza di malattia non può però basarsi esclusivamente sui dati anamnestici e clinici perché esistono anche altre malattie infettive con presentazione molto simile. E' pertanto necessario ricorrere ad esami di laboratorio specifici che la differenzino da altri patogeni dell'apparato respiratorio come l'Herpesvirus felino, Chlamidiophila felis e Bordetella bronchiseptica.
Un primo metodo consiste nell'isolamento del virus a partire da materiale prelevato tramite tamponi orali, nasali o congiuntivali: il vantaggio risiede nella facilità d'esecuzione, ma l'esigua quantità di virus ottenibile rende il test soggetto a falsi negativi. Per l'evidenziazione diretta di FCV si può ricorrere all' immunofluorescenza, tecnica meno sensibile della precedente soprattutto nelle infezioni cronicizzate e nelle recrudescenze. La sierologia finalizzata all'individuazione degli anticorpi anti-FCV risulta poco attendibile sia a causa del largo impiego del vaccino, sia per la variabilità del titolo anticorpale in dipendenza dal ceppo virale interessato. Il gold standard rimane la PCR (polymerase chain reaction) applicabile a partire da tamponi congiuntivali e orofaringei, altamente sensibile e di facile esecuzione.
La calicivirosi è una malattia nella maggior parte dei casi autolimitante: le manifestazioni oculari e le lesioni orali tendono a scomparire in 48-96 ore. Forme più aggressive, con grave congestione nasale e elevata dolorabilità in bocca, richiedono l'utilizzo di terapie di sostegno mirate a preservare lo stato di idratazione e nutrizione del soggetto e a ridurre il male. Si può ricorrere a decongestionanti topici ad uso pediatrico (a base , ad esempio, di fenilefrina 0,25% o ossimetazolina 0,025%) e, in casi estremi, a sondini naso-esofagei per alimentazione forzata. Quando compaiono segni di irruzione batterica secondaria è indicata una terapia antibiotica con utilizzo di antibatterici ad ampio spettro. Come terapia adiuvante, inoltre, viene annoverato l'utilizzo dell'interferone omega felino o, al limite, l'interferone alfa-2b: sebbene non sembra possano agire su cellule già infettate, aiutano a prevenire l'infezione di quelle sane, accelerando il decorso della malattia. La dose è 30UI al giorno per via orale e/o somministrazione topica oculare (dluiti in gocce artificiali da applicare 3-5 volte al giorno per 10 giorni). L'interferone omega alla dose 2,5 MU/kg sottocute o endovena, a giorni alterni per tre volte, se iniettato nei primi 3-5 giorni d'infezione può accelerare la guarigione e prevenire la comparsa di portatori cronici.
Un capitolo a parte è rappresentato dalle fauciti/stomatiti feline , patologie dolorose e ricorrenti di cui FCV è concausa, insieme ad altri patogeni e fattori non del tutto chiariti. In questi casi la terapia è più che altro palliativa e consiste nell'utilizzo di desametazone a scalare; in questi casi è comunque sempre consigliato procedere ad estrazione completa dei denti coinvolti nel processo infiammatorio.
Data l'elevata morbilità del virus, l'approccio più indicato è quello di profilassi, soprattutto in luoghi che ospitano numerosi gatti: questa consiste in un'adeguata disinfezione degli ambienti, controlli periodici di laboratorio finalizzati all'individuazione di soggetti portatori e appropriata quarantena di animali introdotti dall'eterno. Non dimentichiamo, infine, le regolari vaccinazioni tenendo però ben a mente che esse producono una buona protezione nei confronti delle infezioni acute orali e respiratorie, ma non proteggono dall'infezione ed eliminazione ambientale. Oltre a ciò bisogna tenere a mente che FCV è un virus in costante mutazione pertanto nessun singolo ceppo vaccinale è in grado di proteggere ugualmente bene nei confronti di tutte le varianti di FCV.
A cura della dott.ssa Martina Chiapasco della Clinica Veterinaria Borgarello.
Se ti è piaciuto l'articolo, iscriviti al feed o alla newsletter per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti di TGVET.net.
Lascia un commento per dire la tua o per chiedere informazioni
Nessun commento:
Posta un commento