martedì 24 febbraio 2015

Intossicazione da paracetamolo nel cane e nel gatto

L’intossicazione da Paracetamolo nel cane e nel gatto è generalmente legata all’ingestione accidentale di farmaci ad uso umano lasciati incustoditi oppure alla somministrazione impropria da parte dei proprietari.
paracetamolo
Il Paracetamolo è un FANS (Farmaco Antinfiammatorio Non Steroideo) molto utilizzato in Medicina umana e quindi ampiamente diffuso nelle nostre case, soprattutto nel periodo invernale, a causa delle sue spiccate proprietà antipiretiche ed analgesiche: si trova infatti da solo (Tachipirina®, Efferalgan) oppure in associazione ad altri principi attivi (BronchenoloAntiflu, Neocibalgina, Cebion Febbre e Dolore, Tachidol, Tachifludec, Zerinol, Saridon e Neo-optalidon) in numerose preparazioni senza obbligo di ricetta utilizzate per curare i “malanni di stagione”.
In Medicina Veterinaria il Paracetamolo è invece poco utilizzato a causa della maneggevolezza relativamente bassa rispetto ad altri principi attivi: la dose tossica per il gatto è infatti 50-120 mg/kg, nel cane 200 mg/kg.
intossicazione-paracetamolo
In seguito ad assunzione per via orale il Paracetamolo viene rapidamente assorbito a livello intestinale, metabolizzato a livello epatico attraverso vari processi (glucuronidazione, solfatazione, idrossilazione) ed eliminato per via urinaria sotto forma di coniugati, principalmente coniugato all’acido glucuronico.
In alcuni casi il Paracetamolo può subire un processo di ossidazione che dà luogo alla formazione di un composto intermedio instabile, reattivo e potenzialmente tossico chiamato NAPQI (N-Acetil-Parabenzochinon-Immina).
Nell’arco di 2-4 ore i metaboliti tossiciossidano l’emoglobina, una proteina con la funzione di trasportatore di ossigenocontenuta nei globuli rossi, a metemoglobina, una forma di emoglobina non in grado di trasportare ossigeno; provocano inoltre la formazione di corpi di Heinz, inclusioni citoplasmatiche costituite da metemoglobina che deformano i globuli rossi e ne causanol’emolisi, cioè la rottura.
I metaboliti tossici si legano inoltre ad alcune macromolecole epatiche determinando necrosi epatica acuta.
Nel canequesto processo “tossico” si verifica solitamente in caso di sovradosaggio; nel gatto, invece, a causa di un difetto di genetico nel metabolismo epatico, si verifica anche in seguito all’assunzione di dosi molto basse di Paracetamolo: per questa ragione il suo utilizzo in questa specie è sconsigliato a qualunque dosaggio.
I sintomi dell’intossicazione da Paracetamolo nel cane sono prevalentemente di tipo epatico e comprendono anoressia (riduzione dell’assunzione di cibo), dolorabilità addominale, vomito, ittero (colorazione giallastra delle mucose), debolezza, coma e morte.
Nel gatto, per cause ancora sconosciute, i sintomi clinici sono invece simili a quelli provocati da una reazione allergica e comprendono cianosi (colorazione bluastra delle mucose), dispnea (difficoltà respiratorie), edema (gonfiore) del capo e delle zampe, emolisi (rottura dei globuli rossi), emoglobinuria (perdita di emoglobina con le urine, a cui consegue una colorazione bruna delle stesse), ittero (colorazione giallastra delle mucose), coma e morte.
Se l’intossicazione è recente il Medico Veterinario può valutare la possibilità di ricorrere a farmaci che inducano il vomito associati alla somministrazione di carbone attivato per ridurre il più possibile l’assorbimento del farmaco ingerito.
Quando il Veterinario viene consultato a distanza di qualche ora dall’ingestione e si ha il sospetto che il farmaco possagià essere stato assorbito, l’obiettivo della terapia è invece quello di inibire la formazione dei metabolitireattivi.
A tale scopo si possono utilizzare:
· Cimetidina al dosaggio 10 mg/kg per via endovenosa o per bocca nel cane ogni 6-12 ore.
· N-acetilcisteina alla dose d’attacco di 140 mg/kg per via endovenosa lenta e quindi 70 mg/kg per bocca ogni sei ore per tre giorni.
· Acido ascorbico 20 mg/kg per bocca per ridurre la metaemoglobinemia.
· Apportare ossigeno e promuovere l’escrezione del farmaco mediante l’utilizzo di fluidoterapia ed agenti alcalinizzanti urinari che riducono il riassorbimento.
Secondo alcune statistiche pubblicate negli Stati Uniti,il 40% delle intossicazioni di animali domestici è causato da comuni farmaci per uso umano, soprattutto quelli di libera vendita, mentre un altro 20% è causato da intossicazione per ingestione di piante o fiori (giglio, oleandro, stella di Natale, finte palmette etc.).
Per quanto riguarda i farmaci, talvolta gioca un ruolo la distrazione (il classico blister di compresse lasciate sul tavolo), ma molto più di frequente è il proprietario stesso che, pensando alla somiglianza degli organismi, somministra il «suo» medicinale al cane, gatto o coniglio nano. E magari lo condanna a morte. È scontato che un ruolo importante gioca anche il peso diverso tra una persona e un gatto o un piccolo cane, per cui una compressa assunta da un uomo di 80 Kg, raggiunge un picco, nel sangue, ben diverso in un cane di 20 chili o in un gatto che ne pesa quattro. Al di là di questa ovvietà, come abbiamo visto poco fa, ci sono però molte molecole che, anche a dosi estremamente basse, possono essere addirittura letali per gli animali, in quanto il loro fegato o i loro reni non sono in grado di metabolizzarle adeguatamente.
Il consiglio è quindi sicuramente quello di rivolgersi sempre al proprio Veterinario prima di somministrare un farmaco, soprattutto se ad uso umano, al proprio amico a quattro zampe!
Articolo a cura dello Staff della Clinica Veterinaria Borgarello
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