martedì 21 giugno 2016

Leishmaniosi felina

Ad oggi le conoscenze sulla leishmaniosi felina sono ancora poche ed incerte se paragonate a quella canina. .La leishmaniosi  è una malattia parassitaria causata da un protozoo intracellulare obbligato del genere Leishmania: in Europa la specie di leishmania infettiva anche nei felini è  L. infantum. Il protozoo viene trasmesso attraverso puntura di insetti appartenenti al genere Phlebotomus (Diptera, Psychodidae) noti come pappataci. 


Casi recenti e studi sulla sua diffusione sembrano dimostrare che anche i gatti potrebbero agire come reservoir di malattia, ma è ancora incerto se rappresentino ospiti accidentali, primari o secondari ossia se la specie Leishmania sia in grado o meno di persistere, temporaneamente o indefinitivamente, in una popolazione di soggetti infetti. I dati a disposizione parrebbero propendere per l’ipotesi secondo cui anche i felini risultano un potenziale serbatoio di malattia e le motivazioni a favore sono:
ü  i gatti possono infettarsi senza manifestare la malattia e, quando la sviluppano, ha una andamento cronico
ü  la Leishmania si trova nella sua forma infettante a livello del circolo ematico felino
ü  i gatti convivono con uomini in zone definite endemiche per leishmaniosi canina
ü  gatti malati non guariscono senza una terapia anti leishmaniotica
A tutto questo si deve aggiungere il fatto che, per sua natura, il gatto ha caratteristiche comportamentali che possono facilmente esporlo a punture da parte dei pappataci, essendo un predatore prevalentemente notturno in grado di allontanarsi dalla sua zona di residenza.


Le maggiori difficoltà nell’inquadrare con precisione  il problema della leishmaniosi felina risiedono nel fatto che un gran numero di soggetti infetti risulta asintomatico. Dai vari studi condotti sulla leishmania nel gatto, in linea generale possiamo dire che tra le manifestazioni più tipiche di malattia abbiamo quelle dermatologiche quali  noduli, papule, ulcere e/o croste essudatizie e talora emorragiche, particolarmente diffuse nelle aree di giunzione muco-cutanea, e lesioni oculari. In concomitanza o meno con le suddette sono annoverate alterazioni a livello viscerale, soprattutto di fegato e milza, che possono risultare mortali; meno frequente sembrerebbe essere il danno a livello renale, tipico invece della leishmaniosi canina. Un’altra forma riportata di leishmaniosi felina descrive una linfoadenopatia generalizzata accompagnata da febbre, croste, alopecia a livello di testa e addome, ulcere su sporgenze ossee, lieve periodontite, onicogrifosi, cachessia, atrofia muscolare e debolezza. Soggetti positivi alla Leucemia e, soprattutto, all’Immunodeficienza Felina risulterebbero più predisposti a contrarre e manifestare la leishmaniosi. Alcuni studi, infine, ipotizzano ci sia addirittura una relazione tra carcinoma squamocellulare e leishmaniosi felina.


La diagnosi di Leishmaniosi si fonda primariamente su indagini di laboratorio (esami ematobiochimici, osservazione diretta mediante citologia, PCR, immunofluorescenza indiretta, metodiche ELISA) ma non tutte quelle storicamente descritte per la leishmaniosi canina risultano altrettanto attendibili nella ricerca di quella felina. I felini hanno una naturale resistenza nei confronti di questa malattia che li porta spesso a guarire spontaneamente e a manifestare minime alterazioni patologiche.  La risposta immunitaria del gatto, infatti, sembrerebbe differire da quella del cane e questo spiega l’elevato numero di soggetti asintomatici e la variabilità nelle manifestazioni cliniche di malattia. E’ stato visto che le lesioni tendono a comparire prima della produzione di anticorpi contro-leishmania mentre la sieroconversione (aumento del titolo anticorpale) si verifica in corso di guarigione dei segni clinici dermatologici, dimostrando che nel gatto l’immunità umorale gioca un ruolo difensivo nei confronti del protozoo. Da ciò si evince inoltre come i convenzionali test sierologici basati sulla quantificazione degli anticorpi non sempre risultino attendibili nel rilevare l’infezione. Ecco perché l’immunofluorescenza indiretta (IFA) comunemente utilizzata nelle indagini sulla leishmaniosi canina, nei felidi va eseguita e interpretata in concomitanza con altre metodiche quali la PCR o l’evidenziazione diretta del parassita.


Ad oggi si sa ancora molto poco su un’eventuale terapia contro la leishmaniosi felina anche perché la maggior parte degli studi farmacologici fin qui condotti si sono concentrati sulla leishmaniosi canina. Attualmente il European Advisory Board per le Malattie del Gatto suggerisce l’utilizzo di allopurinolo ad un dosaggio di 10-20mg/Kg ogni 12 o 24h; altre combinazioni di farmaci sono in via di studio. Una terapia di supporto risulta inoltre fondamentale soprattutto in corso di leishmaniosi viscerale quando colpisce e compromette fegato e reni.
(Informazioni tratte dal Journal of Feline Medicine, vol 18, Issue 6)



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