giovedì 17 dicembre 2009

Thelaziosi oculare

La Thelaziosi è una parassitosi oculare sostenuta da un nematode (piccolo parassita dall’aspetto vermiforme) appartenente alla famiglia Thelaziidae, ordine Spiruridae.



Esistono numerose specie di Thelazia, responsabili di infezioni oculari negli animali ma nel cane sono state descritte due sole specie, la Thelazia callipaeda e la Thelazia californiensis.
L’infestazione si osserva anche nel gatto e più raramente nell’uomo (casi ad andamento benigno, sinora non segnalati in Italia).
La diffusione di questi due parassiti varia: T. californiensis è esclusiva del continente nord-americano, mentre T. callipaeda è endemica nella federazione Russa e in alcuni paesi dell’Est Asiatico come l’Indonesia, la Thailandia, la Cina, la Corea, la Birmania, l’India e il Giappone.
In Europa T. callipaeda è stata segnalata in Italia (aree collinari e basso montane di Piemonte, Basilicata e Calabria), Francia e Svizzera.

I nematodi adulti vivono negli annessi oculari degli animali (al di sotto delle palpebre e della nittitante, nelle ghiandole e nei dotti lacrimali) e macroscopicamente appaiono come dei sottili fili di colore bianco-traslucido di dimensioni tra i 7.5 e i 19 mm.

Il ciclo vitale di T. callipaeda si realizza grazie ad insetti vettori della famiglia Drosophilidae, genere Amiota, il cui aspetto ricorda quello di piccole mosche.
Alcuni autori ipotizzano anche il coinvolgimento della mosca comune, Musca domestica (famiglia Muscidae) come vettore.









Drosophila Musca domestica

Le femmine di Thelazia producono nell’occhio dell’animale un gran numero di larve di primo stadio (L1) che vengono rilasciate nelle secrezioni lacrimali dell’ospite per poi essere ingerite dai ditteri lambitori che di esse si alimentano.
All’interno del vettore le larve L1 vanno incontro ad ulteriori fasi di sviluppo e mutano in larve di terzo stadio (L3) che costituiscono la forma infestante. In occasione di un ulteriore pasto, queste larve vengono deposte in vicinanza della rima palpebrale, penetrano nel sacco congiuntivale, crescono, raggiungono la maturità sessuale, si accoppiano e iniziano a produrre una nuova generazione di larve dopo circa 5 settimane.
Gli adulti di T. callipaeda sono longevi (possono vivere diversi mesi) ed è in questa forma che il parassita riesce a superare i mesi invernali.
La trasmissione al cane è tipicamente stagionale, coincidendo con i periodi di attività del vettore e, quindi, con temperature esterne sufficientemente elevate. In Italia si ritiene a rischio di trasmissione il periodo che va da Maggio a Ottobre-Novembre.

In Italia, il cane e la volpe rossa costituiscono gli ospiti più frequenti, nonché il serbatoio di T. callipaeda.
Clinicamente l’infestazione da T. callipaeda può essere asintomatica o, a seconda del numero di parassiti presenti, può dare origine a epifora (lacrimazione eccessiva), congiuntiviti di tipo catarrale o muco-purulente, scolo oculare, chemosi (tumefazione della congiuntiva causato dall’edema della membrana mucosa) e, nei casi più gravi, ulcere corneali con eventuale presenza di depilazioni perioculari legate al prurito. Possono essere colpiti uno o entrambi gli occhi.
I segni clinici dell’infestazione sono da ricondursi principalmente a L3 e/o stadi adulti del nematode e sono dovuti principalmente al danno di tipo meccanico arrecato dai parassiti a carico dell’epitelio congiuntivale e corneale.
Le manifestazioni cliniche, oltre che al numero di nematodi presenti nell’occhio, sono correlate anche alla localizzazione dei parassiti, alla risposta immunitaria dell’ospite e all’eventuale irruzione secondaria di infezioni batteriche.
Le Thelazie adulte possono essere evidenziate facilmente nel corso di una visita oculistica, instillando alcune gocce di anestetico locale nell’occhio, quindi ribaltando la terza palpebra. Le forme giovanili, più corte e sottili, possono invece sfuggire all’osservazione.
La terapia si realizza mediante rimozione meccanica dei nematodi presenti a livello del sacco congiuntivale utilizzando delle pinzette o dei tamponi di cotone o mediante lavaggi con soluzione salina sterile.
Esistono anche delle terapie farmacologiche che garantiscono con maggiore certezza la rimozione anche delle forme larvali quali:
- Instillazione di 1-2 gocce occhio di moxidectina (Cydectin® Fort Dodge, in commercio sotto forma iniettabile per bovini)
- Inoculazione sottocutanea di 200 mcg/kg p.v. di ivermectina. Il dosaggio può essere tossico per i cuccioli e alcune razze ivermectina-sensibili (e.g. Collie).
Buona (> 90%) ma non completa è anche l’efficacia di una formulazione spot-on contenente moxidectina al 2,5% in associazione con imidacloprid al 10% (Advocate®, Bayer).
Si fa presente che solo l’ultima formulazione è registrata per un utilizzo nella specie canina.
Dove esiste un maggior rischio di contrarre il parassita (animali che vivono all’aperto, in ambienti ricchi di vegetazione) è possibile effettuare una profilassi farmacologica mediante:
- Singola inoculazione sottocutanea di 170 mcg/kg p.v. di moxidectina a rilascio prolungato (Guardian-SR® Fort Dodge)
A cura del Dott. Mauro Lanza
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