domenica 31 gennaio 2010

LCA: legamento crociato anteriore, dall’instabilità alla rottura

Una delle cause più frequenti di zoppia dell’arto posteriore è senza dubbio rappresentata dalla rottura del legamento crociato craniale LCCr. Colpisce per lo più cani di taglia medio cane-attivogrande soprattutto se sovrappeso o molto attivi. Anche i cani di taglia medio piccola perennemente in movimento sembrano predisposti.   Esistono numerosi fattori predisponenti quali obesità, malattie metaboliche (sindrome di cushing, diabete, ipotiroidismo), alterazioni anatomiche come la lussazione della rotula o l’osteocondrite del condilo femorale. Tutto quanto fin qui citato concorre a determinare un andamento cronico progressivo che esita in un iniziale lassità del legamento fino ad una improvvisa rottura anche in assenza di eventi traumatici o secondariamente a traumi minori. Nell’uomo invece, la lesione è di solito rottura-crociato riconducibile ad un trauma importante. Il legamento crociato craniale rappresenta la struttura più importante per la stabilizzazione del ginocchio. A seguito di questo particolare progredire delle lesioni si assiste ad una progressiva perdita di stabilità articolare a cui consegue lo sviluppo di un artropatia degenerativa progressiva e spesso di una secondaria lesione meniscale. Il menisco mediale è strettamente connesso al LCCr. Alcuni autori parlano di insufficienza del legamento crociato anteriore perché già nelle fasi iniziali del processo si rileva una grave instabilità articolare che provoca artrosi progressiva e sintomatologia algica.

   anatomia-ginocchio1            anatomia-ginocchio

Nel cane per la particolare struttura anatomica  e la conseguente biomeccanica si viene a creare una forza di scivolamento che spinge la tibia cranialmente ed è in rapporto diretto all’angolo tra il plateu tibiale e l’asse funzionale della tibia. La forza di scivolamento craniale rappresenta un fattore di stress continuo sul legamento crociato, che può portare ad una progressiva disfunzione fino alla rottura completa. Una volta persa la funzione del legamento, la tibia è in condizione di traslare cranialmente portando a schiacciamento dei menischi, ed in particolare di quello mediale.
Sulla base di questo presupposto patogenetico il trattamento deve essere volto al recupero della stabilità angolare, alla scomparsa della sintomatologia ed all’arresto dei processi degenerativi articolari causa di artrosi.
Difficilmente il trattamento conservativo può fornire risultati soddisfacenti e risolvere la sintomatologia clinica. Il trattamento di elezione per questa patologia è pertanto quelo chirurgico, purtroppo ad oggi non esiste una chirurgia che da sola rappresenti il gold standard e che possa essere utilizzata indistintamente in tutti i casi.
Fino algi anni 80 sono state sviluppate tecniche che perseguivano l’obiettivo di sostituire totalmente o funzionalmento il legamento crociato craniale. Le varie tecniche, classificabili in extracapsulari, intracapsulari o protesiche, nel corso degli anni e nonostante la grande varietà di tecniche sperimentate e/o clinicamente applicate non sui sono dimostrate scevre da inconvenienti. Con queste tecniche la persistenza di instabilità articolare e la progressione dell’artrosi si riscontrarono e si riscontrano frequentemente soprattutto nei soggetti di taqglia medio grande. A partire dagli anni 80 la comprensione del modello biomeccanico attivo del ginocchio, elaborata da Slocum e successivamente da Tepic, ha evidenziato l’esistenza di una forza traslatrice responsabile di uno stress costante a carico del LCCr, cui consegue l’iniziale lassità ed la successiva rottura improvvisa del legamento. Questa forza trasòatrice viene chiamata CTT (cranial tibial trust). Questa innovativa evoluzione del modello della biomeccanica del ginocchio, da statico a dinamico, a portato ad una sconvolgente evoluzione della tecniche chirurgiche. Da questo momento in poi tutte le tecniche hanno mirato a ristabilire l’equilibrio delle forze agenti sull’articolazione del ginocchio e di neutralizzare la spinta craniale della tibia considerata quale causa determinante della patologia e del cedimento delle varie tecniche utilizzate fino a quel momento.
In seguito a queste teorie biomeccaniche sono state elaborate metodiche chirurgiche che modificando la geometria tibiale permettono di ottenere una stabilità articolare dinamica. Queste tecniche mediante delle osteotomie prossimali della tibia rendono, alla luce dei risultati, superati in gran parte quasi tutti gli interventi chirurgici definibili di sostituzione del legamento.
Di tutte queste tecniche le osteotomie che presentano attualmente la maggior diffusione in ambito clinico sono la TTA e la TPLO. La TPLO si pone l’obiettivo di stabilizzare il ginocchio durante il carico grazie alla neutralizzazione dello scivolamento tibiale riducendo l’angolo di inclinazione del piatto tibiale. La TTA ottiene la neutralizzazione del cranial tibial trust mediante un avanzamento della cresta tibiale che porta il legamento tibio rotuleo in perpendicolare al piatto tibiale. Nonostante le tecniche e i presupposti di partenza differenti entrambe le tecniche portano alla perpendicolarità tra tendine patellare e piatto tibiale. Con entrambe le tecniche si osserva anche una conversione della spinta craniale in spinta tibiale caudale rendendo di fatto il legamento crociato caudale molto più importante per la stabilità articolare .
L’elenco completo delle tecniche comprende:
TTA: tibial tuberosità advancement o avanzamento della tuberosità tibiale
TPLO: tibial plateau levelling osteotomy o livellamento del plateu tibiale
CWTO: cranial tibial wedge osteotomy o osteotomia tibiale a cuneo chiuso
PTIO: proximal tibial intrarticular osteotomy o osteotomia intrarticolare prossimale tibiale
TTO: triple tibial osteotomy o triplice osteotomia tibiale
Al momento le tecniche in cui sono stati svolti studi biomeccanici adeguati e per le quali sono disponibili evidenze circa i risultati a medio e lungo termine sono la TPLO e la TTA. Dall’analisi di diversi articoli e dai dati clinici a disposizione si evince che sia la TTA che la TPLO sono in grado di offrire risultati consistenti e soddisfacenti. Vista la sua minor invasività e morbilità la TTA può essere la prima scelta ad eccesione di quei casi in cui il plateu tibiale sia molto inclinato o sia necessario correggere l’allineamento tibiale ottenibili invece con la TPLO.Entrambe le tecniche richiedono una attenta valutazione del paziente, un chirurgo esperto che abbia fatto un corretto percorso formativo e non di minore importanza una attenta gestione del paziente nel post operatorio da parte del proprietario.
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