martedì 5 novembre 2019

La Cardiomiopatia Dilatativa nel Cane

La cardiomiopatia dilatativa è la forma di miocardiopatia più frequente nel cane di taglia grande e gigante.
La malattia è tipica dell’età adulta ma non si esclude una sua manifestazione clinica anche in cani giovani e non sembra esserci differenza di prevalenza per quanto riguarda il sesso, sebbene alcuni studi abbiano messo in evidenza che nei cani maschi la malattia si manifesta ecocardiograficamente che clinicamente prima ed in forma più grave e che il rischio di morte cardiaca improvvisa è più elevato.
Le razze maggiormente soggette a sviluppare questa malattia sono il Dobermann, l’Alano, l’Irish Wolfhound ed il Terranova. Sebbene non rientri fra i cani di taglia grande-gigante, il Cocker Spaniel è predisposto a sviluppare cardiomiopatia dilatativa secondaria a carenza di taurina. Altra razza di cani predisposta a sviluppare una forma infantile di cardiomiopatia dilatativa è il Cane d’acqua Portoghese.
La cardiomiopatia dilatativa può essere primaria o secondaria ad altre cause. Le cause più comuni coinvolte nel meccanismo fisiopatologico della cardiomiopatia dilatativa secondaria sono le tachiaritmie (tachicardiomiopatia), la miocardite, la carenza di taurina (responsabile della forma di cardiomiopatia dilatativa tipica del Cocker Spaniel e del gatto) e la somministrazione di doxorubicina.
La cardiomiopatia dilatativa può essere clinicamente suddivisa in: una forma preclinica, in cui i cani risultano asintomatici, ed una fase clinica, in cui i sintomi maggiormente riportati sono debolezza, intolleranza all’esercizio, sincopi, fino ad arrivare a difficoltà respiratoria e talvolta distensione addominale. La fase preclinica, definita anche “occulta”, può essere individuata tramite l’esecuzione di un esame Holter e di un’ecocardiografia.
Nella fase clinica la malattia ha già raggiunto un livello di gravità tale da causare sintomi come intolleranza all’esercizio, debolezza, disoressia/anoressia, perdita di peso con riduzione delle masse muscolari, sincope, distensione addominale (ascite) ed edema degli arti, difficoltà respiratoria (compatibile con edema polmonare cardiogeno o meno frequentemente versamento pleurico) fino ai casi più gravi di shock cardiogeno. Dal momento che per un soggetto che ha raggiunto la fase clinica della malattia la prognosi risulta infausta, è necessario cercare di diagnosticarla nella fase pre-clinica.
Una diagnosi precoce di cardiomiopatia dilatativa consente infatti una sua corretta gestione con farmaci e controlli periodici, con l’obiettivo di aumentare l’aspettativa di vita del soggetto e migliorarne la qualità. Per questo motivo è fondamentale effettuare nei soggetti appartenenti alle razze predisposte controlli annuali che comprendano sia l’esecuzione dell’esame ecocardiografico che Holter.



Nel Dobermann la malattia ha addirittura una prevalenza del 58,2% e 1 su 3 dei soggetti malati muore di morte cardiaca improvvisa. In questa razza è necessario effettuare fin dalla giovane età (2-3 anni) controlli annuali che includano sia esame Holter che ecocardiografico. Durante la visita clinica ambulatoriale, la presenza anche di un solo complesso prematuro ventricolare in un tracciato elettrocardiografico di almeno 5 minuti in un Dobermann è fortemente suggestivo di cardiomiopatia dilatativa in fase occulta: in questo caso è fondamentale proporre al proprietario l’esecuzione dell’esame Holter. Per lo screening della cardiomiopatia dilatativa è stato preso in considerazioni anche l’utilizzo di biomarker cardiaci.

Articolo a cura dello Staff della Clinica Veterinaria Borgarello
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