mercoledì 30 marzo 2016

Le infestazioni elmintiche nel cane e nel gatto

Le infestazioni elmintiche nel cane e nel gatto sono frequenti in Europa e nel nostro paese e proprio per questo motivo l'ESCCAP (European Scientific Counsel Companion Animal Parasites) ha creato delle linee guida per il controllo e il trattamento di queste parassitosi che sono anche delle zoonosi.
Ovviamente le linee guida devono essere "adattate" ad ogni singolo paziente e alle sue necessità.
Ci sono infatti diversi fattori che possono aumentare il rischio di un animale di contrarre parassiti:
-età: i cuccioli possono contrarre durante la gravidanza e l'allattamento ascaridi e ancylostomi. Le gatte, anche apparentemente sane possono trasmettere attraverso il latte T.cati ai loro piccoli.

Nonostante la prevalenza di queste infestazioni negli animali giovani, il rischio si mantiene durante tutta la vita dell'animale e anche nei soggetti anziani devono essere messe in atto forme di controllo
-ambiente: gli animali che stanno in canile, che stanno all'aria aperta o in stretto contatto con altri animali (cani da lavoro) possono richiedere un maggior controllo
-alimentazione: cani e gatti con libero accesso a roditori, molluschi o che mangiano carne e pesce crudi hanno un rischio maggiore

Le misure di controllo più importanti sono rappresentate da:
-rispetto delle misure igieniche di base: le feci degli animali devono sempre essere raccolte ed eliminate per ridurre la contaminazione dell'ambiente da parte di uova e larve che sono dotate di un'elevata resistenza. Alcune forme parassitarie sono infestanti immediatamente dopo la deposizione (tenia ed echinococco) mentre altre richiedono un periodo di permanenza nell'ambiente alle giuste temperature da giorni a settimane prima di essere infestanti

-utilizzo di alimenti pronti o comunque cotti
-trattamento e prevenzione delle infestazioni elmintiche: se si diagnostica un'infestazione elmintica l'animale deve essere tempestivamente trattato e un esame feci di controllo deve sempre essere eseguito per verificare l'efficacia del trattamento.

Gli animali apparentemente "sani" devono essere sottoposti a controlli o trattamenti preventivi.
Le infestazione maggiori individuate dall'ESCCAP sono ascaridi/ancylostomi e echinococco.
Ecco brevemente alcuni punti importanti:
-TOXOCARA SPP. e ANCYLOSTOMI possono essere contratti già durante la vita intrauterina e con l'allattamento e a volte nei cuccioli ci possono essere già gravi forme di infestazione prima che ci sia una positività dell'esame coprologico. Proprio per questa ragione tutti i cuccioli dovrebbero essere trattati a partire dalle 2 settimane di vita ad intervalli regolari che verranno consigliati dal veterinario. Nel gatto non è invece presente il contagio in utero ma solo attraverso l'allattamento, quindi si consiglia di iniziare i trattamenti a partire dalle 3 settimane di vita. Insieme ai cuccioli dovrebbero sempre essere trattate anche le madri.
Negli animali sani ed adulti queste patologie non sono di solito accompagnate da segni clinici e quindi è impossibile stabilire se un cane è infestato senza un esame delle feci.
Le linee guida consigliano 4 trattamenti all'anno (uno ogni 3 mesi) o in alternativa se il proprietario è restio a fare trattamenti preventivi l'esecuzione di esami feci una volta al mese
-ECHINOCOCCUS SPP è una zoonosi importante che l'uomo può contrarre attraverso il consumo di vegetali crudi contaminati con feci di animali o ingestione diretta di uova presenti sul pelo del cane.
Nelle aree in cui questi parassiti sono molto diffusi si consigliano trattamenti ogni 6 settimane con prodotti idonei.

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martedì 22 marzo 2016

I calori atipici nella cagna


E’ possibile che nella vita di una cagna alcuni calori si verifichino con tempistiche o modalità anomale.
Questo non significa che il soggetto sia affetto da patologie riproduttive o non sia fertile. Se questi calori anomali si verificano con una certa frequenza allora sarà opportuno programmare una serie di indagini diagnostiche per valutare la fertilità della paziente ed assicurarsi che sia tutto nella norma.
Tra i calori anomali più frequenti ricordiamo i calori silenti e i falsi calori.


Calori silenti.
I calori silenti sono caratterizzati dalla presenza di attività ovarica in assenza di manifestazioni cliniche e comportamentali tipiche della fase estrale.
Quindi la cagna è a tutti gli effetti in calore senza però mostrare i tipici segni del calore. E’ possibile infatti non accorgersi dell’accaduto.
In una cagna impubere non è facile differenziare un calore silente da un calore poco manifesto però ci sono alcuni segni che possiamo valutare per stabilire se una cagna è in estro o meno anche senza i classici segni.
Inizialmente si devono valutare le dimensioni della vulva: questa in una cagna impubere si presenta di piccole dimensioni, e con posizione alta rispetto ad una cagna con calori silenti dove le dimensioni della vulva sono decisamente maggiori .
Sarà inoltre importante effettuare prelievi ematici per valutare la presenza o meno di attività ovarica (assente nella cagna impubere).
Nelle cagne adulte invece questi calori sono infrequenti e comunque solo occasionali, e comportano un anestro prolungato. Il proprietario spesso avrà l’impressione che la cagna abbia “saltato un calore”.
Nelle cagne anziane che hanno più di dieci anni i segni clinici dell’estro possono passare inosservati, ma non si parla di un vero e proprio calore silente.
Falsi calori.
I cosiddetti falsi calori o “split-heats” possono verificarsi nelle giovani femmine in seguito al raggiungimento della pubertà.
Inizialmente presentano un calore normale anche accompagnato da perdite ematiche vulvari per circa 3-10 giorni. Accettano il maschio, poi però il calore si interrompe bruscamente. Nella maggior parte dei casi l’ovulazione non avviene.
Dopo qualche giorno o settimana si possono osservare nuovamente le manifestazioni cliniche dell’estro questa volta associate all’ovulazione.
Questo fenomeno fortunatamente non interferisce con la fertilità e tende a scomparire dopo i 2 anni di vita della cagna.
Esistono poi altri tipi di calore che sono segno di patologie in atto, e tra questi rientrano i calori persistenti.
Calori persistenti.
La presenza di un calore protratto oltre il mese con intervallo interestro breve (inferiore ai quattro mesi), con infertilità e segni dermatologici tipo alopecia, deve quasi sempre far pensare a fenomeni patologici di tipo riproduttivo.
I segni suddetti possono essere conseguenza della presenza di cisti ovariche di tipo follicolare.
Le cisti ovariche sono definite come follicoli anovulatori persistenti a livello ovarico.
Si distinguono in follicolari, luteali e miste. Esistono anche le cisti paraovariche che sono però asintomatiche.

Le cisti follicolari presentano dimensioni, numero e caratteristiche diverse e colpiscono le cagne di qualsiasi età. Sono costituite da una sottile parete e contengono liquido sieroso.
Per la diagnosi il metodo più immediato è l’ecografia dell’ovaio dove si evidenziano delle strutture tondeggianti anecogene.
E’ possibile eseguire dosaggio ormonale di estrogeni ma questo non è un dato attendibile.
La citologia vaginale permette di identificare la fase estrogenica.
Il trattamento medico (con hCG) è sconsigliato ed è spesso un tentativo fallimentare poiché è spesso causa dell’insorgenza di piometra.
Ad oggi il trattamento di elezione consiste nell’ovariectomia per le cagne non destinate alla riproduzione oppure asportazione della sola cisti oppure ovariectomia unilaterale per le cagne destinate alla riproduzione laddove la cisti sia unilaterale e recidivante.
Le cisti luteali invece determinano anestro patologico talvolta associato a piometra.
Queste spesso sono unilaterali e singole.
Si diagnosticano ecograficamente dove si presentano come strutture tondeggianti ipoecogene con parete inspessita.
Il dosaggio del progesterone permette di fare diagnosi.
Il trattamento medico consiste nella somministrazione ripetuta di prostaglandine PGF2a e dosaggio della progesteronemia per verificare che ritorni a livelli basali.

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martedì 15 marzo 2016

Strongilosi polmonare del cane

La strongilosi polmonare del cane è una patologia causata da un parassita di nome Angiostrongylus vasorum.
Questo parassita è un nematode (verme cilindrico) ematofago a diffusione cosmopolita.
Il suo ciclo biologico prevede che la femmina del parassita produca uova embrionate che si schiudono nei capillari polmonari liberando le larve L1. Le L1 attraversano la parete dei capillari e degli alveoli, risalgono l’albero bronchiale, giungono nel retrobocca, vengono deglutite ed arrivano nell’ambiente esterno con le feci dell’ospite. All’esterno penetrano in molluschi gasteropodi terrestri (ospiti intermedi) dove diventano larve L3 infettanti. Una volta ingerito l’ospite intermedio o l’ospite paratenico (ospite all’interno del quale il parassita non compie alcuno sviluppo; es. anfibi) o le L3 libere in acqua od erba bagnata da parte del cane (canidi ospiti definitivi) le L3 migrando dal piccolo intestino si localizzano nei linfonodi dell’apparato digerente (dove diventano L4 e L5) e per via linfatica ed ematica raggiungono il cuore e l’arteria polmonare dove continuano lo sviluppo fino a diventare adulti.




I sintomi causati da questa malattia parassitaria possono variare di gravità in base alla carica parassitaria, all’età del soggetto colpito ed alle condizioni generali di salute dell’animale.

Se l’infestazione è bassa la malattia può decorrere in maniera asintomatica o paucisintomatica; se, invece, l’infestazione è massiva si possono riscontrare, soprattutto nei cuccioli, forme acute con dispnea (difficoltà respiratoria), tosse, e nei casi più gravi morte improvvisa; nelle forme croniche si osservano insufficienza cardio-respiratoria, tachicardia, tosse, dispnea, debolezza e facile affaticabilità.

I sintomi respiratori (causati da una polmonite interstiziale e dall’infiammazione dovuta alla migrazione delle L1, oltre che da uno stato di ipertensione polmonare) sono certamente i più frequenti, ma sono possibili anche disordini della coagulazione, segni neurologici, perdita di peso, anoressia, vomito e diarrea.
 

Per quanto riguarda la diagnosi, i sintomi e gli esami radiografici (pattern broncointerstiziale che può evolvere in alveolare) possono far sopraggiungere il sospetto, ma la conferma definitiva della patologia si può avere soltanto con l’evidenza all’esame copromicroscopico (mediante una metodica particolare chiamata Tecnica di Baermann) delle larve. Le L1 si riconoscono al microscopio ottico per la morfologia della loro coda, avendo una tipica dentellatura.





La terapia prevede l’utilizzo di molecole antiparassitarie quali il fenbendazolo, la milbemicina ossima o la moxidectina, associate ad una terapia di supporto in base ad i sintomi del paziente (ossigenoterapia, broncodilatatori, diuretici, ACE-inibitori, corticosteroidi, antibiotici).

Per valutare se la terapia ha agito efficacemente è consigliato effettuare nuovamente un esame feci tramite tecnica di Baermann 3 settimane dopo la fine della terapia, con la raccolta di feci per 3 giorni consecutivi.

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martedì 8 marzo 2016

Displasia del Gomito nel Cane

La displasia del gomito è una sindrome caratterizzata da diverse patologie derivanti da un’alterazione nello sviluppo dell’articolazione omero-radio-ulnare che possono condurre ad un grave stato artrosico invalidante per il cane.
La displasia del gomito nel cane è una patologia ereditaria che colpisce i cani giovani ed è dovuta ad un’alterazione nell’accrescimento di radio ed ulna che, in questi casi, crescono a velocità diverse tra loro. Questo difetto di accrescimento è la causa di tutte quelle patologie che insieme vengono definite “displasia del gomito”. Con il passare degli anni l’articolazione va incontro a degenerazione e artrosi progressiva impedendo al cane l’utilizzo dell’arto.

Quali sono i fattori che possono influire sullo sviluppo di displasia del gomito?
- Genetica: esistono alcune razze in cui l’incidenza di questa patologia è più alta, come ad esempio il Bovaro del Bernese, il Rottweiler, il Pastore Tedesco, il Golden Retriever, il Labrador Retriever, il Chow Chow, il Terranova, il San Bernardo, l'Alano, il Cane Corso, il Cane Lupo Cecoslovacco, il Bracco Italiano, lo Spinone Italiano, il Pastore Belga e molte altre.
- Fattori ambientali: alimentazione scorretta e traumi.

Quali sono queste patologie?
- UAP mancata unione del processo anconeo: causata dalla presenza di un radio più lungo del normale che provoca una pressione sul condilo omerale e di conseguenza sul processo di accrescimento ulnare, impedendo la fusione del processo anconeo con il resto dell’ulna.
- FCP frammentazione processo coronoideo mediale: causata dalla presenza di un radio più corto rispetto al normale o ad un alterato sviluppo dell’incisura semilunare dell’ulnacon conseguente aumento del carico sul processo coronoideo mediale dell’ulna ancora in via di sviluppo. Causa dapprima una fessurazione e successivamente alla frammentazione vera e propria associata ad alterazioni articolari permanenti.
- OCD osteocondrite disseccante della troclea omerale: consiste nella degenerazione e nel distacco di un lembo cartilagineo della troclea omerale portando all'esposizione dell'osso subcondrale con notevole dolore e rapida comparsa di artrosi progressiva.

displasia-del-gomito

Quali sono i sintomi clinici?
Il sintomo clinico più evidente è una zoppia moderata-lieve e a volte intermittente dell'arto colpito. Spesso si presenta in cani molto giovani e tende a peggiorare col tempo fino ad inventare persistente ed invalidante.

Qual' è la terapia?
La terapia può variare in base alla patologia presente (UAP,FCP o OCD), alla sua gravità,alle condizioni cliniche del cane e alla sua età.

UAP, mancata unione del processo anconeo:
si può ricorrere ad una terapia medica o una terapia chirurgica in base alla gravità della patologia. La terapia medica può essere eseguita nei casi dubbi o lievi. Nei casi più gravi è consigliata la terapia chirurgica. Nei soggetti di giovane età nei quali viene effettuata una diagnosi precoce si può intervenire utilizzando una tecnica chiamata osteotomia ulnare biobliqua, con la quale viene tagliata in modo particolare l'ulna in modo da riallinearne la superficie articolare con quella del radio. Nei casi più gravi, in cui non è possibile utilizzare da solo questo intervento si ricorre alla contemporanea fissazione del moncone osseo con una vite. Solo molto raramente è necessario rimuovere il frammento non saldato, mobile e degenerato del processo anconeo dell’ulna.

- FCP, frammentazione del processo coronoideo mediale:
nei soggetti giovani e in assenza di artrosi è possibile utilizzare una tecnica chirurgica chiamata ostectomia ulnare distale (DUO), con lo scopo di ristabilire la congruenza articolare tra radio e ulna. Al contrario nei soggetto in cui il processo coronoideo sia già frammentato è necessario intervenire con la DUO associata alla rimozione dei frammenti cartilaginei articolari per via artroscopica o tramite una miniartrotomia. In questi soggetti la prognosi sarà più sfavorevole perché alcune lesioni si sono già instaurate.

Nei soggetti più anziani, o nei soggetti con grave artrosi questi trattamenti chirurgici "preventivi" non sono sufficienti ed è necessario ricorrere ad una tecnica chirurgica innovativa chiamata PAUL (Proximal Abducting ULnar Osteotomy) che permette di spostare il carico dalla parte lesionata del gomito a quella sana creando una ridistribuzione delle pressioni sull’articolazione.
La Clinica Veterinaria Borgarello è abilitata all’esecuzione di questa tecnica brevettata.

OCD, osteocondrite disseccante della troclea omerale:
in questo caso la terapia è chirurgica e consiste nell’asportazione del flap di cartilagine staccato per via artroscopica o con una mini artrotomia. Nei soggetti adulti in cui viene diagnosticata una forma grave ,associata ad alterazioni del comparto mediale dell’articolazione ,il trattamento artroscopico deve associato ad una PAUL proximal Abducting Ulnare Osteotomy.

In alcuni casi di displasia del gomito è possibile utilizzare delle terapie mediche innovative come la le infiltrazioni di concentrato piastrinico che ci permettono di ottenere ottimi risultati clinici.

Come posso prevenire la displasia del gomito nel mio cucciolo?
Una diagnosi precoce, a 4-5 mesi di età, permette di diagnosticare la patologia sul nascere e di intervenire per correggere lo sviluppo articolare in modo da impedire l’instaurarsi della displasia del gomito nel cucciolo.
Consigliamo sempre di sottoporre il cucciolo tra i 4 mesi e mezzo e i cinque mesi ad uno studio radiografico approfondito, che viene condotto in anestesia leggera, per poter valutare la conformazione dell’articolazione e, qualora fosse necessario, per instaurare un piano terapeutico personalizzato. 

chirurgia-ulna


Qual è la differenza tra le radiografie preventive e le radiografie ufficiali?
Le radiografie preventive devono essere effettuate in età precoce (4-5 mesi di età) e servono a valutare la conformazione articolare del cucciolo e quindi a prevedere lo sviluppo di patologie scheletriche future. Permettono al veterinario ortopedico di intervenire prima che queste patologie si sviluppino e che causino sofferenze al cane.

Le radiografie ufficiali vengono effettuate ad accrescimento compiuto ( 12, 15 o 18 mesi in base alla razza) al fine del rilascio di una certificazione ufficiale per l’esenzione dalla displasia del gomito e da altre patologie scheletriche di accrescimento. La nostra struttura è abilitata all’esecuzione delle radiografie ufficiali dalle due centrali di lettura: FSA e Ce.Le.MaSche.

Presso la Clinica Veterinaria Borgarello affrontiamo la displasia dell’anca e del gomito a qualunque stadio: partendo dalla diagnosi precoce fino alla gestione dei casi più complessi, applicando con competenza sia le tecniche tradizionali sia quelle all’avanguardia, PAUL compresa.
Per noi ogni paziente è unico, e studiamo la soluzione migliore per garantire il suo benessere. 

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martedì 1 marzo 2016

Cistite idiopatica felina

La cistite idiopatica felina (FIC) è un processo infiammatorio cronico e sterile a carico della vescica nonché la più frequente di un gruppo di malattie definito “patologia delle basse vie urinarie” (FLUTD), aventi in comune gli stessi segni clinici, ma le cui cause sono nella maggior parte non definite (idiopatiche). La cistite idiopatica è una patologia importante non soltanto per il dolore e lo stress che provoca all'animale, ma anche perché spesso determina fenomeni di urinazione inappropriata ossia al di fuori della lettiera, motivo principale per cui il proprietario si rivolge al veterinario e, purtroppo, ancora oggi la principale causa di abbandono dei gatti.


Attualmente la cistite idiopatica ha un'incidenza molto elevata nei nostri felini domestici, soprattutto tra i 2 e i 6 anni d'età, senza apparente predisposizione di sesso, sebbene i maschi siano più a rischio di ostruzione e alcune razze maggiormente predisposte, quali i persiani e i gatti bianco e neri. Esistono però fattori, soprattutto ambientali, che possono favorirne l'insorgenza: sovrappeso, poco esercizio, utilizzo esclusivo della lettiera per sporcare, vita indoor (unicamente in casa), tipo di dieta, ambiente con più gatti conviventi. In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo punto, si è ipotizzato come la conflittualità e i problemi comportamentali giochino un ruolo chiave nello sviluppo della patologia.

Sono molte le teorie avanzate per spiegare lo sviluppo della cistite idiopatica felina tra cui l'azione di batteri e/o virus (herpesvirus, calicivirus), difetti della barriera uroteliale, alterazione dello strato protettivo della vescica e processi infiammatori della sua parete. Di fatto non si è ancora giunti a conclusioni certe e l'ipotesi più accreditata è che la cistite idiopatica felina sia una sindrome che compare quando “un gatto suscettibile viene posto in un ambiente favorente la patologia”. La FIC viene ad oggi considerata il risultato di alterazioni nell'interazione tra fattori stressanti, sistema nervoso ed endocrino, innervazione delle vie urinarie, strato protettivo che riveste la vescica e urina. I cambiamenti a livello di epitelio vescicale sembra subentrino come stadio finale di alterazioni nervose ed endocrine causanti un eccessiva reattività e un'inappropriata risposta a stimoli ambientali stressanti.


I segni clinici più frequente in corso di cistite idiopatica sono periuria (eliminazioni inappropriate), pollacchiuria (aumento della frequenza di urinazione), disuria (difficoltà e dolore nella minzione), vocalizzazioni in fase di urinazione ed ematuria (sangue nelle urine). Questi sintomi, in realtà, accomunano tutte le patologie delle basse vie urinarie; nel caso di FIC tendono ad andare e venire, sembrano essere stagionali (dall'autunno all'inizio primavera), autolimitanti laddove non subentri ostruzione delle vie urinarie (durata da 3 a 7 giorni), recidivanti ed esacerbate da concomitanti fattori di stress ambientali. Col passare dell'età le recidive sembrerebbero diminuire di frequenza.

Non esiste un gold standard nella diagnosi di cistite idiopatica, essa in effetti va fatta per esclusione. Un accurato esame fisico può evidenziare disagio e dolorabilità addominale alla palpazione e, in alcuni gatti, si può osservare alopecia (mancanza di pelo) a livello addominale e inguinale, dovuta ad un eccessivo leccamento da distress nell'area vescicale; e altrettanto importante raccogliere un'accurata anamnesi, con particolare attenzione alle condizioni ambientali di vita e alla dieta. In ultimo, ma non meno importante, bisogna eseguire un esame delle urine, da interpretare con particolare attenzione alle diagnosi differenziali, e associarvi uno studio radiografico delle basse vie urinarie per escludere la presenza di calcoli. Ulteriori indagini di diagnostica per immagini risultano utili soprattutto in casi di recidive non rispondenti alla terapia iniziale: la cistografia con mezzo di contrasto può evidenziare calcoli radiolucenti (non visibili con radiografie in bianco) e masse, così come l'ecografia in grado di evidenziare anch'essa neoformazioni oltre a calcoli, alterazioni della parete vescicale ed eventuale presenza di coaguli.


Non esiste un vero e proprio protocollo terapeutico standard per la gestione della cistite idiopatica felina: l'obbiettivo è quello di ridurre al massimo i segni clinici e aumentare gli intervalli di tempo tra le recidive. Alla luce del fatto che fattori esterni stressanti esacerbano i sintomi di malattia, un primo e fondamentale passo consiste nel creare un ambiente “a misura di gatto” ovvero in grado di soddisfare il più possibile le differenti esigenze del nostro complicato amico felino, tanto più quando si trova a convivere con altri gatti. Un altro aspetto a cui bisognerebbe prestare attenzione è la dieta per cui, in realtà, non esistono raccomandazioni univoche poiché spesso si hanno patologie concomitanti alla cistite idiopatica quali problemi endocrini, comportamentali, cardiovascolari e gastro enterici in cui l'alimentazione gioca un ruolo importante. In più bisogna tenere bene a mente che qualsiasi cambio di dieta è normalmente “stressante” dal punto di vista felino, cosa che potrebbe esacerbare i segni di malattia. L'assunzione giornaliera di acqua è un altro fattore da considerare: in linea generale si raccomanda di “far bere di più” l'animale cosa talvolta ottenibile con l'utilizzo delle cosiddette ciotole a fontanella o, semplicemente, aumentando la percentuale quotidiana di cibo umido. Infine per quanto riguarda una terapia strettamente farmacologica la scelta si basa sulla gestione dei sintomi: bisogna innanzitutto gestire il dolore, tipico delle fasi acute, ricorrendo all'uso di analgesici. In gatti disurici un certo beneficio deriva da farmaci spasmolitici; in casi particolarmente gravi e refrattari, poi, si può valutare l'uso di antidepressivi da associarsi, comunque, ad un'appropriato percorso terapeutico comportamentale. Infine sembra non essere stata ancora del tutto dimostrata la reale efficacia di protettori della vescica a base di glucosaminoglicani (naturali componenti della pareteepiteliale) in corso di FIC, ma il loro utilizzo rimane diffuso.




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