mercoledì 23 marzo 2011

Chilotorace: le terapie

La terapia medica mira alla risoluzione della patologia che ha dato origine al chilotorace. Quest'ultimo invece verrà gradualmente ridotto effettuando una serie di toracentesi ad intervalli di tempo regolari.

Può anche darsi che trattando il problema alla base del versamento chiloso, quest'ultimo vada spontaneamente incontro a risoluzione, ma per ottenere un risultato completo possono occorrere anche svariati mesi.

E’ inoltre importante tenere sotto controllo l’equilibrio idrico ed elettrolitico poiché nei cani affetti da chilotrorace è stata riscontrata la presenza di iponatriemia e ipokaliemia.

chilo

E' utile correggere la dieta e in particolare questa deve essere a ridotto apporto di lipidi poiché facilita l'assorbimento del liquido stravasato da parte della parete toracica.

Resoconti aneddotici riportano un parziale successo con la somministrazione di un composto del benzopirone, la rutina (50 mg/Kg q8h PO). I meccanismi d'azione comprendono una riduzione della fuoriuscita dai vasi sanguigni, un aumento del trasferimento di proteine dai vasi linfatici, un aumento della fagocitosi dei macrofagi del chilo, un aumento del numero di macrofagi tissutali e un aumento della proteolisi e della rimozione di proteine dai tessuti. Secondo alcuni dati preliminari si può stimare che oltre il 25% degli animali trattati con questa sostanza il versamento tende a ridursi e poi scomparire nel giro di due mesidopo l'avvio della terapia.

Trattamento chirurgico

Nei casi di chilotorace spontaneo e nei pazienti per i quali una terapia medica sarebbe troppo tardiva o inefficace è indicato il trattamento chirurgico.

Le tecniche raccomandate sono molte, ma alcune consentono una buona percentuale di successo.

Più precisamente sono state proposte :

-Legatura del dotto toracico con o senza linfangiografia;

-Shunt pleuro-addominale attivo o passivo;

-Pericardectomia;

-Pleurodesi;

-Omentalizzazione;

-Ablazione della cisterna del chilo.

La legatura del dotto toracico è la tecnica più utilizzata, e il suo successo dipende dal fatto che legando il dotto toracico si formano, in addome, delle anastomosi tra vasi linfatici e venosi, destinati a far confluire il chilo direttamente nel circolo ematico, evitando il passaggio attraverso il dotto toracico stesso. Si può eseguire con o senza linfangiografia.

La linfangiografia si esegue dopo la somministrazione (circa 2 ore prima dell' intervento) di 5-20 cc di panna per rendere più visibili i linfatici. Si pone il paziente in decubito laterale sinistro nel cane e destro nel gatto e si esegue una laparotomia paracostale. Si procede alla evidenziazione del cieco ed alla incannulazione di un linfatico. Si applica un tubo di prolungamento fissato con una sutura temporanea. Il paziente è poi trasportato in radiologia dove si procede all'iniezione di 1 ml/kg di un mezzo di contrasto jodato a 400-600 mg/J/ml, diluito a 0,5 ml/kg con fisiologica, e si scatta mentre si sta iniettando l'ultimo cc.

Si riporta quindi il paziente in sala operatoria e si esegue una toracotomia a livello del 9°-11° spazio intercostale destro nel cane e 9° sinistro nel gatto, si evidenzia il dotto dorsalmente all'aorta e lo si allaccia con filo non riassorbibile e clip metalliche. Si posiziona quindi un drenaggio toracico e si sutura per strati.

Poiché la linfangiografia è spesso molto complessa e lunga da eseguire e richiede lo spostamento del paziente, allungando notevolmente i tempi, è stata proposta la legatura enbloc di tutti i tessuti dorsali l'aorta, evitando il tronco parasimpatico.

Si è notato che in caso di chilotorace sussiste spesso ispessimento pericardico con conseguente elevazione della pressione venosa ed è stata proposta la pericardectomia subtotale sub frenica come unico trattamento o assieme alla legatura del dotto toracico.

Al momento la combinazione delle due tecniche sembra essere in grado di dare i migliori risultati in termine di percentuale di risoluzione della malattia; ciò è spiegato dal fatto che in questo modo si creano delle variazioni pressorie nelle vene toraciche o nei vasi linfatici per cui si migliora il flusso attraverso i vasi linfatici del dotto toracico.

Un'altra possibilità in ambito chirurgico è quella di creare uno shunt pleuroperitoneale tramite l'applicazione di cateteri speciali che permettono il drenaggio del liquido in eccesso dal cavo pleurico a quello peritoneale.

Una tecnica relativamente nuova consiste nell' asportazione della parete della cisterna del chilo unitamente alla legatura del dotto. Il chilo è quindi riversato nella cavità addominale e riassorbito mediante shunt diretto con le vene mesenteriche o la vena azygos.

La legatura del dotto permette la risoluzione 50-60% nei cani e nel 20-50% nei gatti. Se accompagnata dalla pericardectomia sono segnalate guarigioni nell'80-100% dei pazienti.

L'ablazione della cisterna ha una percentuale di risoluzione dell’88%.

Tuttavia oggi la terapia di elezione è quella che prevede la toracentesi ad intervalli regolari associata al trattamento con Rutina e una dieta povera di grassi.

In ogni caso, sia che il chilotorace si risolva spontaneamente, sia che si ricorra ad intervento chirurgico, il paziente dovrà essere sottoposto, per svariati anni di seguito, a periodiche visite di controllo per rilevare una possibile recidiva. La complicazione più grave e frequente di un chilotorace cronico è rappresentata dalla pleurite fibrosa. Inoltre, nei pazienti che sono stati sottoposti a ripetuti interventi di toracentesi, può insorgere uno stato di immunodepressione a causa della progressiva deplezione di linfociti cui l'organismo va incontro.

Se avete dubbi o volete approfondire alcuni aspetti di questo articolo lasciate un commento. Saremo lieti di darvi le informazioni che cercate.

A cura della Dott.ssa Katiuscia Camboni

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venerdì 18 marzo 2011

La sterilizzazione della gatta

Per sterilizzazione si intende l'asportazione delle gonadi che nella femmina corrispondono alle ovaie. Con la sterilizzazione vengono eliminati comportamenti indesiderati legati al calore (miagolare incessante, urinare in giro per casa...) a patto che l'intervento venga eseguito all'età giusta, in caso si attenda troppo tempo si rischia che alcuni di questi comportamenti permangano.
Dopo la sterilizzazione il gatto si allontana meno da casa, riducendo così il pericolo di contrarre alcune pericolose malattie. La sterilizzazione precoce nella gatta riduce lo sviluppo dei tumori mammari e dell'utero, e di altre malattie legate al malfunzionamento delle ovaie, inoltre si evitano sofferenze alla gatta, che desidera accoppiarsi ma non può perché gli viene impedito. Il momento migliore per sterilizzare la gatta è quando si presenta il primo calore.   Gatta3

Modalità di esecuzione
La gatta dovrà essere tenuta a digiuno dalla sera precedente l'intervento, mentre l'acqua potrà tranquillamente essere lasciata a disposizione. La gatta viene portata in clinica la mattina e la sera stessa dell'intervento vi verrà restituita sveglia. E' possibile che in alcuni soggetti il tempo richiesto per smaltire l'anestesia sia un pò più lungo; pertanto è indicato tenere la gatta in un ambiente tranquillo e riscaldato fino al mattino seguente all'intervento e non permetterle di uscire all'esterno. La gatta potrà mangiare dalla sera stessa o al più tardi dal mattino successivo.

Tecnica
Nella gatta si pratica un microaccesso tramite il quale vengono asportate entrambe le ovaie. L'intervento è di breve durata e normalmente si appone un solo punto di sutura che verrà rimosso a distanza di una settimana. Generalmente non è indispensabile proseguire con una terapia antibiotica.  

L'uso dei farmaci
E' anche possibile eliminare il comportamento indesiderato delle gatte che vanno in calore facendo ricorso ai farmaci progestinici. Questi farmaci però possono avere gravi effetti collaterali, aumentando i rischi di malattie all'utero e di patologie come il diabete e tumori mammari.  

Le domande più frequenti

Una gatta sterilizzata ingrassa facilmente?
Gli ormoni sessuali intervengono nel processo di assimilazione dei grassi dell'organismo ma ciò non giustifica tuttavia il perchè alcuni gatti sterilizzati tendono ad ingrassare mentre altri restano in linea. Nella fase successiva allo sviluppo corporeo che si ha intorno all'anno di vita, il gatto, sterilizzato o meno, tende a depositare il grasso in eccesso. Molto spesso invece, è il senso di colpa che induce il proprietario a ripagare affettivamente l'animale rimpinzandolo di cibo.

Dopo l'operazione tende a cambiare carattere e a perdere il suo istinto e la sua vivacità? La sterilizzazione non influisce affatto sul carattere dell'animale e sul suo modo di rapportarsi col mondo esterno. Al limite il comportamento diviene più stabile. E' comunque da sapere che dopo i 12/18 mesi di vita, tutti i gatti diventano più posati. Tendono ad impigrirsi, dormono più a lungo e giocano molto meno ma ciò è spesso dovuto anche alla mancanza di stimoli e distrazioni.

E' meglio sterilizzare una gatta dopo il primo calore?
Si. Consigliamo di sterilizzare la gatta entro l'anno di età e comunque dopo il primo calore anche perchè una sterilizzazione eseguita su una gattina prima del raggiungimento della pubertà può portare ad una serie di squilibri ormonali tra cui il rallentamento della crescita e quindi uno sviluppo incompleto.

Un micio sterilizzato può andare in calore?
Privato delle ovaie, sia da giovane che da adulto, un gatto non produce più ormoni sessuali, quindi non può andare in calore. Certi impulsi (miagolii incessanti, marcature del territorio ma non più odorose, tendenza al vagabondaggio) possono ancora manifestarsi ma non dipende dall'impulso, bensì dall'abitudine. Per questo motivo è consigliabile effettuare la sterilizzazione entro l'anno di vita.  

Vantaggi della sterilizzazione
Migliora la convivenza: I gatti sterilizzati sono più equilibrati dal punto di vista psicologico. Inoltre le femmine non saranno più indotte a fuggire in cerca di un compagno durante il periodo del calore.
Si previene il randagismo: Se lasciassimo fare alla natura ogni gatta partorirebbe almeno una volta nella vita, una media di 6 piccoli. Trovare una sistemazione adeguata è impossibile, andando così ad aggravare il già complesso problema del randagismo felino. Si prevengono certe malattie: Principalmente si prevengono le malattie dell'apparato genitale. Tra queste vi sono i tumori alle mammelle (quasi sempre di natura maligna) ed infezioni dell'utero, nonché malattie virali che si possono contrarre con l'atto sessuale vero e proprio (FELV-FIV). Si deve ricordare che i gatti sterilizzati tendono a rimanere più volentieri a casa, mantengono le loro caratteristiche comportamentali e sono più longevi

A cura della Dott.ssa Katiuscia Camboni

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lunedì 14 marzo 2011

Killer di gatti

Marzo 2011: circa 120 cuccioli di gatto, appartenenti alla stessa colonia felina, uccisi in provincia di Milano sempre con un medesimo e macabro rituale. Non siarticolotgvet tratta di un episodio di CSI o simili, ma ci troviamo di fronte all’ennesima dimostrazione della potenziale follia umana!. I gattini, tutti estremamente giovani, spesso ancora in fase di svezzamento, sono stati  posti vivi in una scatola da scarpe, a sua volta chiusa in un sacchetto di plastica, abbandonato sempre di fronte allo stesso cancello: ovviamente ciascuno dei malcapitati animali è morto o per soffocamento o di stenti, data la giovane età!.

In seguito all’ennesimo ritrovamento, degno dei migliori (o peggiori?!) thriller, l’ Aidaa (Associazione italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente) ha preso la decisione di mettere una “taglia” di seimila euro su quello che a tutti gli effetti risulterebbe un “serial killer”. Spiega Lorenzo Croce, presidente nazionale di Aidaa: ” Stiamo seguendo la situazione della colonia felina in questione ma adesso, dopo il ritrovamento di una cucciolata di tre micini di poco più di una settimana, fortunatamente vivi ma in condizioni pietose lasciati ancora nel sacchetto di plastica davanti al solito cancello, abbiamo deciso di accelerare i tempi di intervento…..E se da una parte - continua Croce - chiediamo all'Asl e al sindaco di provvedere alla sterilizzazione di tutte le femmine della colonia, di cui siamo pronti ad assumerci la responsabilità, dall'altra parte invitiamo tutti i cittadini della zona e chi è ha conoscenza di informazioni certe sul serial killer a fornircele e a fornirle ai carabinieri. Noi come Aidaa mettiamo a disposizione una taglia a chi ci darà informazioni che possano portare all'esatta individuazione del responsabile, o dei responsabili, di questo massacro che si ripete nel tempo e che deve essere fermato".

Chi scrive, onestamente, non ha altro da aggiungere: ritengo che i fatti parlino da soli.

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mercoledì 9 marzo 2011

Diabete: criteri diagnostici

Il diabete mellito è una patologia trattabile che richiede uno sforzo congiunto da parte del cliente e del veterinario. Pubblicheremo una serie di articoli tratti dalle linee guida dell’ AAHA (American Animal Hospital Association) per la gestione dei cani e gatti affetti da diabete.
Il trattamento del diabete è una combinazione di arte e scienza dovuta alle molteplici risposte che si possono avere dai pazienti. Ogni animale ha esigenze individuali, la frequenza di somministrazione e la dose di insulina vanno valutate in base alla singola risposta.
Nei cani e nei gatti il diabete è solitamente causato da una perdita o da una disfunzione delle cellule beta del pancreas. Nel cane la perdita di cellule beta è rapida e progressiva e generalmente dovuta a una reazione immuno mediata, degenerazione vacuolare o a pancreatite. Nelle femmine intere ci può essere un diabete transitorio insulino resistente nella fase del diestro. Nel gatto la perdita o la disfunzione delle cellule beta è dovuta all’insulino resistenza, all’amiloidosi o a pancreatiti linfoplasmocitarie croniche. I fattori di rischio per cani e gatti includono l’insulino resistenza da obesità, l’acromegalia nel gatto, l’iperadrenocorticismo nel cane, e farmaci come steroidi e progestinici. Si conoscono rischi di tipo genetico in alcune razze particolari: Australian Terrier, Beagle, Samoiedo e Keeshonden per i cani e i Burmesi nei gatti.
Indipendentemente dall’eziologia il diabete è iperglicemico e glicosurico e si manifesta con poliuria, polidipsia, polifagia e perdita di peso. L’aumento della mobilizzazione dei grassi porta a lipidosi epatica, epatomegalia, ipercolesterolemia, aumento dei trigliceridi e aumento del catabolismo. Nei soggetti più compromessi si può anche avere iperketonemia, ketonuria e ketoacidosi.  cane-obeso

Criteri diagnostici e valutazione iniziale

L’approccio dipende dal livello di iperglicemia e dai segni clinici presenti. La varietà dei segni cambia in base al tempo intercorso tra la comparsa della malattia e quando il paziente è presentato alla visita, al livello di iperglicemia, eventuale ketonemia e da eventuali patologie concomitanti come la pancreatite. I segni della PU/PD (poliuria/polidipsia) non compaiono prima che la concentrazione ematica del glucosio abbia ecceduto la soglia di escrezione renale.
La glicosuria si manifesta a valori maggiori di 200 mg/dl nel cane e di 250 mg/dl nel gatto. I segni clinici del diabete mellito non sono generalmente presenti in quei soggetti con valori di glicemia costantementi alti ma sotto la soglia renale per la glicosuria. La glicemia compresa tra il range normale (110 mg/dl) e il valore soglia (200-250 mg/dl) può derivare da molteplici cause: iperglicemia da stress, disordini da insulino resistenza per obesità, iperadrenocorticismo, da farmaci (corticosteroidi) o può rappresentare i primi stadi di un futuro diabete. Questi soggetti sono classificati come diabetici sub-clinici.
I diabetici subclinici molto spesso sembrano in salute, hanno un peso normale, e vengono individuati quando si eseguono esami di laboratorio per altri motivi. La diagnosi di diabete sub clinico può essere fatta solo dopo aver escluso l’iperglicemia da stress e dopo aver individuato e corretto eventuali cause di insulino resistenza.
Misurare la glicemia a casa e determinare le fruttosamine sieriche può aiutare a differenziare tra iperglicemia da stress e diabete sub clinico.
Il diabete è diagnosticato quando c’è persistente iperglicemia e persistente glicosuria (> 200 mg/dl nel cane e > 250 mg/dl nel gatto). Per confermare la diagnosi, soprattutto nel gatto, può essere necessario rilevare un elevato valore di fruttosamine.

Alcuni animali oltre a PU/PD polifagia e perdita di peso possono presentare i segni della ketoacidosi diabetica: anoressia, disidratazione e vomito. Le forme più gravi sfociano in letargia, debolezza ed emaciazione. Inoltre nel cane si può riscontrare la comparsa di cataratta e nel gatto di debolezza da neuropatia periferica.

L’iniziale valutazione del cane e del gatto diabetico deve comprendere:

  • Valutazione di anamnesi, dieta, terapie passate e/o in corso.

  • Valutazione di segni particolari come la cataratta nel cane o le neuropatie periferiche nel gatto.

  • Valutazione di problemi spesso associati al diabete: infezioni del tratto urinario e pancreatiti.

  • Valutazione di patologie che possono interferire con la risposta del diabete alla terapia: iperadrenocorticismo, ipertiroidismo, patologie renali.

  • Valutazione di fattori di rischio: obesità, pancreatiti, insulino-resistenza, farmaci diabetogeni e nel cane il diestro.

L’EOG (esame obiettivo generale) nei diabetici può essere relativamente normale o rilevare disidratazione, perdita di peso, pelo opaco, cataratta o dolore addominale se è presente pancreatite. A volte si può rilevare un alito dolciastro nei soggetti in ketoacidosi.

Alcuni gatti con iper glicemia da lungo tempo possono avere un atteggiamento plantigrado secondario alla neuropatia periferica.

A questo punto si procederà con l’esecuzione degli esami del sangue che vedremo in un successivo articolo.

Link a tutti gli articoli sul diabete finora pubblicati.

A cura del dott. Bartolomeo Borgarello

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venerdì 4 marzo 2011

L’ovariectomia: la sterilizzazione nella cagna

La sterilizzazione (o ovariectomia) della cagna consiste nella rimozione delle gonadi femminili così da interrompere il ciclo riproduttivo, fatto che porta numerosi benefici sia alla cagna stessa che al proprietario.

L’età ideale per praticare la sterilizzazione

In teoria la sterilizzazione può essere praticata in qualunque momento della vita del cane, tuttavia, per poter sfruttare appieno i vantaggi terapeutici della sterilizzazione, come la riduzione dell’insorgenza di tumori mammari, l’età migliore sembra essere tra i 6 e i 9 mesi.

Il periodo ideale per l’intervento coincide nella cagna con l’anestro e cioè tra 2,5 e 5,5 mesi dopo l’inizio del calore.

Modalità di esecuzione

La cagna dovrà essere tenuta a digiuno dalla sera precedente l'intervento, mentre l'acqua potrà tranquillamente essere lasciata a disposizione.
La cagna viene portata in clinica la mattina e la sera stessa dell'intervento vi verrà restituita sveglia.
E' possibile che in alcuni soggetti il tempo richiesto per smaltire l'anestesia sia un pò più lungo; pertanto è indicato tenere il cane in un ambiente tranquillo e riscaldato fino al mattino seguente all'intervento e non permettergli di uscire all'esterno. Potrà mangiare dalla sera stessa o al più tardi dal mattino successivo. sterilizzazione

L'intervento viene effettuato in anestesia generale con anestetico gassoso e per tutto il tempo le funzioni vitali del paziente vengono monitorate. Durante la chirurgia vengono somministrati antidolorifici e un antibiotico di copertura.

Fino alla rimozione dei punti di sutura che viene di solito effettuata dopo 1 settimana, sarà necessaria la somministrazione di antibiotici e, in alcuni casi, dovrà essere indossato un collare di Elisabetta per evitare il leccamento della ferita.

Vantaggi della sterilizzazione

-Il rischio di insorgenza di tumore mammario (patologia purtroppo comune nelle cagne) è fino a 3-7 volte minore rispetto a femmine intere. La sterilizzazione precoce riduce del 95% il rischio di tumori mammari.

-Si evita la possibilità che la cagna vada incontro a cisti ovariche, piometra e metrite, patologie che possono mettere a rischio di vita il cane e che necessitano di un intervento chirurgico d'urgenza.

-Spesso nelle cagne intere adulte si riscontrano alcune patologie mediate da estrogeni come il prolasso vaginale (che deve essere risolto chirurgicamente) o l'iperplasia vaginale. Le cagne sterilizzate presentano una percentuale di insorgenza di queste patologie nettamente inferiore.

-Si elimina il problema della pseudogravidanza, condizione caratterizzata da intense alterazioni comportamentali con guaiti, ansia, inappetenza e, a volte, turgore mammario con lattazione.

-Si evita l'estro o calore che nella cagna dura 2 settimane, a intervalli di 6 mesi.Il calore è caratterizzato da scolo vulvare ematico, particolarmente fastidioso per il proprietario se il cane vive in casa.

-Smettono le manifestazioni comportamentali legate al calore (monta, allontanarsi da casa, incidenti sulla strada).

-Si previene la nascita di cuccioli indesiderati risolvendo così il problema di dover sistemare i cuccioli nati e si riduce il fenomeno del randagismo.

-Ovviamente nelle cagne sterilizzate si elimina qualsiasi problema legato alla gravidanza e al parto.

-Un'altro vantaggio della sterilizzazione è quello relativo alla convivenza in famiglia, che risulta notevolmente migliorata.

Le domande più frequenti:

Nella cagna è meglio asportare solo le ovaie o ovaie ed utero?

Se non ci sono indicazioni specifiche è preferibile asportare solo le ovaie anche perchè questo tipo di intervento è molto più breve.

E’ meglio far accoppiare la cagna una volta prima dell’intervento di sterilizzazione?

Non ci sono indicazioni che l'accoppiamento e il parto prima della sterilizzazione possano avere qualche beneficio per il carattere della cagna o la sua salute. Ci sono invece evidenze scientifiche chiare a favore di una sterilizzazione precoce.

Quali sono gli effetti della sterilizzazione sul comportamento della cagna?

Con la sterilizzazione non è più presente il ciclo riproduttivo, e di conseguenza scompare il calore con i comportamenti che ne derivano.

Inoltre sembra che la sterilizzazione possa essere una soluzione ad una patologia psicosomatica di cui soffrono tanti cani: l'ansia da separazione. Sembra infatti che le cagne sterilizzate siano molto più tranquille e meno soggette a comportamenti compulsivi sotto stress.

Altro fattore positivo è la scomparsa della tendenza a scappare da casa durante il periodo del calore, alla ricerca di un maschio.

Dopo la sterilizzazione la cagna può andare incontro a fenomeni di incontinenza urinaria?

Le cagne sterilizzate hanno un rischio di poco maggiore rispetto a quelle intere di sviluppare incontinenza. Tale rischio è maggiore se l’intervento viene effettuato troppo precocemente. I sintomi possono comparire dopo anni dall'intervento o non comparire affatto. In caso si dovesse manifestare, l’incontinenza urinaria può essere curata con somministrazione di farmaci specifici o corretta con un intervento chirurgico.

Aumenta il peso dopo l’intervento di sterilizzazione?

L’obesità è un effetto secondario alla sterilizzazione (25-50%) che può essere contrastato con una dieta equilibrata e un’attività fisica giornaliera proporzionata allo stile di vita. Non ci sono invece evidenze che dimostrino un aumento della sedentarietà legato alla sterilizzazione.

Ricordate che......

La sterilizzazione è un intervento irreversibile pertanto le cagne sterilizzate non potranno più avere cuccioli.

A cura della Dott.ssa Katiuscia Camboni

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martedì 1 marzo 2011

Asma felina

L'asma può essere definita come una malattia reversibile ostruttiva che colpisce le basse vie aeree: è caratterizzata da una reazione bronchiale eccessiva con conseguente limitazione del normale flusso d'aria per concomitante presenza di infiammazione, sovraproduzione di muco e riduzione del diametro dei bronchi a causa della contrazione muscolare (muscolatura liscia) delle pareti. image

E' una condizione piuttosto infrequente nel regno animale ed è stata descritta soltanto nell'uomo e nei felini.

Da un punto di vista clinico, l'asma felina si manifesta con la presenza di tosse (saltuaria o quotidiana), respirazione sibilante, intolleranza all'esercizio fisico e distress respiratorio che possono risolversi spontaneamente o in risposta ad un trattamento medico. Questi segni talvolta appaiono in toto, altre volte singolarmente. L'asma può manifestarsi in gatti di qualsiasi età, ma sembrerebbe essere più frequente in quelli giovani o di mezza età. La razza Siamese è quella maggiormente segnalata per casi di asma, il che suggerirebbe una predisposizione genetica, analogamente all'uomo.

Come in medicina umana, la fisiopatologia dell'asma felina non è del tutto conosciuta: è causata da una reazione immunitaria sproporzionata nei confronti di un allergene (spesso non identificabile), che genera alterazioni chimiche e strutturali specifiche dell'albero tracheobronchiale.

Gli eventi patogeni associati all'asma sono sostanzialmente tre: alterazione della risposta immunitaria (con conseguente infiammazione cronica), squilibrio del sistema adrenergico-colinergico (che determina contrazione della muscolatura liscia, vasodilatazione e contribuisce all' aumento della produzione di muco) e iperplasia e/o ipertrofia delle cellule muco secernenti (con aumento delle mucine immagazzinate e secrete nell'espettorato). Il risultato di questi eventi è una ventilazione inappropriata con grave distress respiratorio.

Nel caso, poi, di un blocco completo di un bronco principale si avrà atelettasia nel lobo polmonare corrispondente, dovuta all'incapacità dell'aria di entrare e uscire. Un'altra caratteristica tipica dell'asma nel gatto è la disfunzione espiratoria: normalmente durante l'inspirazione il calibro delle vie aeree è maggiore rispetto all'espirazione. In una situazione di diametro ridotto, quale avviene nell'asma, durante l'espirazione si può verificare un'ostruzione totale del bronco, con intrappolamento dell'aria negli alveoli polmonari: questo è il motivo per cui, in corso di crisi asmatica, il soggetto aumenta in maniera così vistosa gli sforzi respiratori. Nei casi più gravi, l'eccesso di pressione intraluminale può addirittura portare a dilatazione permanente delle vie aeree e alla perdita delle strutture di supporto elastiche (enfisema). image

Non esistono test specifici per l'asma felina: l'iter diagnostico si avvale di numerosi ausili che servono per differenziarla da altre patologie respiratorie, tra cui l'esame fisico dell'animale, esami ematologici, esame delle feci (per escludere parassiti polmonari), radiografie toraciche. La broncoscopia viene raramente presa in considerazione nei soggetti con asma a causa del rischio troppo elevato rispetto agli effettivi benefici. Anche il lavaggio endotracheale o tracheobronchiale risultano difficilmente patognomonici in corso di asma felina. Quando il gatto manifesta sintomi respiratori ascrivibili ad asma, è possibile eseguire un trattamento ex adiuvantibus con un broncodilatatore: normalmente si utilizza la terbutalina a 0,01mg/kg EV, IM o SC con scomparsa dei segni clinici nel giro di 10-30 minuti.

Per quanto concerne la terapia tende a variare a seconda della gravità della condizione del soggetto asmatico. Le strategie adottate tendono primariamente a sopprimere l'infiammazione e risolvere la broncocostrizione. Nei casi acuti gravi si interviene con ossigeno in tenda (metodo di somministrazione poco stressante) e broncodilatatori (terbutalina o albuterolo) che mirano a stabilizzare il paziente. Nelle terapie a lungo termine i corticosteroidi (prednisolone e desametazone), associabili con broncodilatatori, risultano ancora i farmaci di prima scelta.

A cura della Dr.ssa M. Chiapasco

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