sabato 28 giugno 2014

Iperadrenocorticismo o sindrome di cushing

La malattia o sindrome di Cushing nel cane viene definita come l’insieme delle alterazioni cliniche e laboratoristiche connesse ad uno stato ipercortisolemico cronico e patologico.
La malattia di cushing si divide in surrenali e ipofisaria a seconda di dove origina.




Si manifesta generalmente in soggetti di età compresa tra i 6 e i 16 anni più di frequente intorno ai 10-11. 

Dai dati riportati in letteratura si evince che le forme  ipofisarie sono più frequenti  nei soggetti di peso inferiore ai 20 kg, mentre quelle che derivano da una  neoplasia surrenalica sembrano più presenti nei soggetti di peso superiore ai 20 kg. 
Le razze più colpite sono:

  • il Barbone Nano
  • il Bassotto
  • il Beagle
  • il Boxer
  • il Labrador Retriever
  • il Pastore Tedesco 
  • i Terrier


In base all’eziopatogenesi è possibile parlare di ipercortisolismo ACTH dipendente e ACTH non dipendente ossia dipendente o meno dagli ormoni secreti dall'ipofisi.



Ipercortisolismo ipofisi-dipendente 

detto anche “pituitary dependent hypercortisolism” (PDH) o malattia di Cushing, questa forma è la più diffusa e colpisce l'85% dei cani affetti. 
E' causata da una neoplasia della ghiandola pituitaria (ipofisi) ACTH-secernente. 
L'ormone adrenocorticotropo (Adreno Cortico Tropic Hormone - ACTH), conosciuto anche come corticotropina, è un ormone proteico prodotto dalle cellule dell'ipofisi anteriore (adenoipofisi). 
L'ACTH ha come bersaglio la zona corticale della ghiandola surrenale e stimola la formazione di glicocorticoidi tra cui il più importante è il cortisolo.
L’eccessiva secrezione di ACTH determina un’iperplasia delle ghiandole surrenaliche ed una conseguente iperproduzione di glicocorticoidi surrenali. 
Nella maggior parte dei casi si tratta di tumori benigni e normalmente sono microadenomi.
Nell'uomo esiste un ipercortisolismo da produzione ectopica di ACTH riferito in modo particolare a carcinomi polmonari, esiste una segnalazione anche in un cane.


Ipercortisolismo non ACTH dipendente

In base alle cause possiamo parlare di tre forme diverse:
Ipercortisolismo surrenalico (ADH)  sostenuto da neoplasie (adenomi o carcinomi) a carico della corticale delle surrenali che secernono un’eccessiva quantità di cortisolo indipendentemente dal controllo pituitario. Di solito il tumore è monolaterale, raramente può colpire entrambe le surrenali. 
Ipercortisolismo iatrogeno:  si verifica in seguito alla somministrazione prolungata e/o eccessiva di cortisone. In questo caso viene inibito l’asse ipotalamo-ipofisi- surrene con  sviluppo della classica sintomatologia da Cushing. 
Recentemente è stata descritta in un cane una rara forma di ipersecrezione di cortisolo  in seguito all’espressione recettoriale da parte delle surrenali di un peptide gastrico (GIP), questa forma viene detta Ipercortisolismo alimento indotto.

SINTOMATOLOGIA
I sintomi più importanti e sempre riscontrabili sono:
- Poliuria e polidipsia: l’80-85% dei soggetti ne è affetto. 
- Polifagia è presente in circa il 90% dei casi. 
- Addome a botte è presente in circa l’80% dei cani.
- Manifestazioni cutanee:  rappresentate da alopecia simmetrica bilaterale, assottigliamento cutaneo, comedoni, infezioni secondarie, calcinosi. 
Altri sintomi sono rappresentati da astenia muscolare e letargia, dispnea, atrofia testicolare, scomparsa dei calori, miotonia e sintomi neurologici da macroadenoma ipofisario (raro).


DIAGNOSI

Basata essenzialmente sui sintomi clinici e sugli esami di laboratorio che nella prima fase portano ad un forte sospetto di cushing e nella seconda fase servono per differenziare un cushing centrale da uno periferico.
Nell'esame emocromocitometrico si rileva il tipico "Leucogramma da stress”: l’80% dei soggetti ha una linfopenia ed eosinopenia e il 20- 25% mostra un lieve aumento dei leucociti totali, associato ad un aumento del numero delle piastrine.
Nel profilo biochimico troviamo che l’85% dei soggetti affetti da ipercortisolismo presenta valori di fosfatasi alcalina superiori a 150 UI/L e non è raro che tali valori superino i 1000 UI/L. Gli enzimi epatici, soprattutto ALT e GGT sono generalmente aumentati. Possono essere aumentati anche  lipemia, colesterolo e glicemia. 
Va ricordato che i cani con ipercortisolismo presentano un aumento dell’aptoglobina.
Anche l'esame delle urine presenta alterazioni: generalmente c'è una riduzione del peso specifico che risulta inferiore a 1.020 e spesso sono presenti infezioni alle vie urinarie.
Vediamo ora degli esami specifici:

Rapporto Cortisolo urinario/Creatinina (UC:CR)
In soggetti affetti da ipercortisolismo, l’escrezione urinaria di cortisolo aumenta come conseguenza di una maggior secrezione da parte delle surrenali. Le urine vanno prelevate al mattino a casa dal proprietario perché lo stress influenza in modo importante l’esito del test. Questo test ha una sensibilità elevata.

Test di soppressione con desametasone a basse dosi (LDDS)
Questo test è sia diagnostico che discriminante e può pertanto permette di differenziare forme di PDH da forme di ADH sfruttando il feedback negativo del cortisolo sulla liberazione di ACTH. In un cane sano la somministrazione di desametasone blocca la produzione di ACTH e quindi di cortisolo.
Nei soggetti affetti da ADH, invece, non si ha alcuna soppressione della produzione di cortisolo da parte delle surrenali.

Test di stimolazione con ACTH
Il test di stimolazione con ACTH è il più comunemente utilizzato per confermare la diagnosi di ipercortisolismo nel cane. Si tratta di un test semplice, relativamente poco costoso e veloce. Ha tuttavia lo svantaggio di non essere particolarmente sensibile e specifico.
Test di soppressione con desametasone ad alte dosi (HDDS)
Questo test è esclusivamente differenziale e dopo l’avvento dell’ecografia ha perso molto di importanza e viene raramente effettuato.

Una volta effettua la diagnosi di cushing bisogna ricorrere ad altre indagini al fine di stadiare la malattia e determinare la terapia da seguire:

Ecografia addominale
In corso di PDH (cushing ipofisario), nella maggior parte dei casi, forma, contorni, ecogenicità ed ecostruttura delle ghiandole surrenali appaiono normali all’esame ecografico al limite lievemente aumentate di volume.
In corso di ADH (cushing che origina da una neoplasia surrenali), invece, l’ecogenicità della surrenale colpita dalla neoplasia appare variabile ed eterogenea, con distorsione dei contorni e un aumento irregolare delle dimensioni, la surrenale controlaterale, invece, può apparire normale oppure ridotta di volume (atrofia). 

TAC e Risonanza magnetica
Sono estremamente utili per evidenziare anomalie sia a carico dell’ipofisi che delle surrenali, permettono di evidenziare macroadenomi a carico dell’ipofisi.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello

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martedì 24 giugno 2014

Le pulci e la dermatite allergica al morso della pulce

Le pulci costituiscono un problema per il cane e per il gatto durante tutto l’anno ma tipicamente i proprietari di animali se ne preoccupano solo nel periodo primaverile-estivo. Gli adulti sia maschi che femmine sono ematofagi e si nutrono sull’ospite in pochi secondi. Possono vivere sull’ospite ma anche nell’ambiente dove, a digiuno, possono sopravvivere fino a 6 mesi. Ogni femmina adulta depone nel corso della sua vita fino a 2000 uova sul mantello dell’ospite che non avendo proprietà adesive cadono rapidamente a terra in varie parti della casa.

pulce
In condizioni favorevoli le uova schiudono in circa 5 giorni e da esse fuoriesce una larva vermiforme ricoperta di peli che, nutrendosi di detriti, si sposta per la casa prediligendo zone riparate dalla luce solare diretta. Le larve crescono mutando due volte e formano un bozzolo all’interno del quale si trasformano in pupe. Questa trasformazione richiede, a seconda delle condizioni ambientali, da un minimo di 9 ad un massimo di 200 giorni. Le pupe rappresentano la forma di massima resistenza e non avendo necessità di nutrirsi possono sopravvivere per molto tempo.

In presenza di stimoli indicativi della presenza dell’ospite come il calore, le vibrazioni del suolo e la concentrazione di CO2 le pupe schiudono e fuoriescono le pulci che devono compiere il primo pasto di sangue entro 24 ore dalla schiusa e salgono quindi sull’ospite iniziando un nuovo ciclo vitale. In condizioni ottimali l’intero ciclo dura 3-4 settimane mentre se le condizioni sono sfavorevoli può durare fino a 2 anni.

La comprensione del ciclo della pulce è di fondamentale importanza perché mette in evidenza che le pulci adulte che si trovano sull’animale rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’infestazione: infatti circa il 5% delle pulci si trova sull’animale mentre il restante 95%, rappresentato da uova, larve e pupe è disseminato nell’ambiente in cui l’animale vive.
L’infestazione da pulci si presenta con molteplici quadri clinici a seconda dell’animale e del numero di pulci presenti. Si possono però individuare 2 tipi principali di quadri clinici a seconda che l’animale sia sensibilizzato o no agli allergeni presenti nella saliva della pulce. Negli animali non sensibilizzati le pulci, che possono essere anche molto numerose, si muovono velocemente sul mantello e producono le loro deiezioni. Se l’infestazione è grave possono provocare anemia ed è comunque sempre possibile la trasmissione di malattie quali l’emobartonellosi o di parassitosi come la tenia. Negli animali sensibilizzati è sufficiente un numero di pulci molto basso per superare la soglia di ipersensibilità e provocare sintomi evidenti.
La Dermatite Allergica al morso delle Pulci (DAP) rappresenta una delle maggiori cause di prurito nei nostri animali domestici. L’allergia si sviluppa nei confronti di uno dei componenti della saliva della pulce e i segni clinici che di solito sono improvvisi si manifestano soprattutto in animali con “poche pulci”. Sembra infatti che gli animali molto infestati e abituati a convivere con le pulci possano sviluppare una sorta di “resistenza” al morso.
Il segno clinico più comune è rappresentato dal forte prurito soprattutto nella regione lombare, all’attaccatura della coda, sull’addome e sulla faccia interna delle cosce. A causa dell’intenso leccamento e grattamento dovuto al prurito la cute di queste zone si presenta fortemente infiammata. Secondariamente possono poi svilupparsi infezioni batteriche secondarie con pus, croste e alopecia.
La diagnosi si basa soprattutto sul quadro clinico anche se non è sempre possibile trovare le pulci. Più facile è il ritrovamento delle deiezioni delle pulci che si presentano come piccoli puntini neri.

La conferma si ha con la guarigione in seguito all’eliminazione delle pulci dall’animali e dall’ambiente.
La terapia della DAP è basata sul controllo dell’infestazione da pulci ed è possibile una terapia medica per alleviare i sintomi dell’allergia. Questa è fondamentalmente basata sull’uso di cortisonici a scalare e di antibiotici o shampoo se è presente infezione batterica secondaria.
Per controllare l’infestazione è fondamentale trattare tutti gli animali e l’ambiente in cui vivono e non limitare i trattamenti al periodo estivo ma protrarli per tutto l’anno poiché le pulci possono sopravvivere e replicarsi benissimo in casa durante il periodo invernale. Sono presenti in commercio numerosi prodotti efficaci contro le pulci che devono essere applicati ogni 3-4 settimane, ricordando di non trattare gli animali in concomitanza del bagno ma ad una distanza di almeno 3 giorni primo o dopo il lavaggio per garantire l’efficacia del prodotto.
Il trattamento ambientale consiste nel lavare coperte, cuccette e altri rivestimenti con cui l’animale viene in contatto, passare spesso l’aspirapolvere sui tappeti e trattare la casa con dei regolatori di crescita degli insetti. Visto l’impegno richiesto da queste operazioni è possibile, in alternativa, trattare tutti gli animali della casa con un prodotto che abbia anche attività ovicida e larvicida.

Articolo a cura della Dott.ssa Costanzo Francesca

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venerdì 20 giugno 2014

Tritrichomonas foetus: diarrea nel gatto (II)

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Tritrichomonas foetus è un parassita protozoario flagellato, responsabile di colite cronica nel gatto domestico, che ha destato un crescente interesse negli ultimi 15 anni, ponendolo tra le cause più frequenti di diarrea felina alla stregua della Giardia e di Cryptosporidium, già trattati nel precedente articolo.

L’infezione da Tritrichomonas foetus avviene per via oro-fecale ed è favorita da una stretta convivenza tra gatti oltre che da un’elevata densità di popolazione. A differenza di Giardia, Tritrichomonas non ha grande resistenza nell’ambiente quindi il numero e la concentrazione di felini in una stessa area diviene un fattore determinante per la diffusione della patologia, mentre non sembra esserci particolare predisposizione di razza o età.

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Tritrichomonas f. provoca una colite cronica, talvolta ad andamento ricorrente, che dura molti mesi o addirittura anni. Essa si manifesta con emissione frequente di feci maleodoranti, molli, collose o liquide, con presenza di muco e, talvolta, sangue vivo. In casi molto protratti il gatto può manifestare tenesmo, flatulenza e infiammazione anale fino a prolasso rettale: nonostante questi segni, le condizioni generali dell’animale appaiono buone. Alcuni soggetti, inoltre, possono avere un’infezione asintomatica ed eliminare trofozoiti (forma infettante di Tritricomonas f.) durante la normale defecazione, il che li rende una fonte importante e difficilmente controllabile di diffusione del protozoo. La malattia sembra poter assumere andamento più grave in soggetti molto giovani o in adulti che vengono a contatto per la prima volta con il parassita. Non è infrequente una concomitante infezione da Giardia, Cryptosporidium o coccidi.

All’esame ecografico un referto frequente è l’ingrossamento dei linfonodi regionali nonché il corrugamento della parete del grosso intestino. Istologicamente si riscontra colite e tiflite linfo-plasmocellulare che, in casi gravi, può avere diffusione multifocale, aspetto ulcerativo o nodulare e assumere caratteristiche pio granulomatose (macrofagi e neutrofili) e necrotizzanti.

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La diagnosi di tritricomoniasi è sempre diretta, microscopica, colturale o mediante PCR. L’analisi delle feci di routine, a fresco e per flottazione, ha scarsa sensibilità nell’identificare Tritrichomonas foetus, pertanto non risulta un esame elettivo per la diagnosi. Su materiale fecale appena raccolto talvolta è possibile osservare trofozoiti piriformi con motilità compulsiva; qualora si colori lo striscio, essi appaiono con nucleo unico, un flagello posteriore e tre anteriori e membrana ondulante. Esistono, poi, dei kit per mettere in coltura materiale fecale: si tratta di terreni specifici per Tritrichomonas ma, anche in questo caso, la sensibilità è bassa. La metodica più sensibile e specifica rimane la PCR e il materiale ideale su cui eseguirla sono le feci diarroiche.

La terapia migliore nei confronti di infezioni da Tritrichomonas si basa sull’utilizzo del ronidazolo (non disponibile in Italia) ad una posologia suggerita di 30mg/Kg una volta al giorno per 14 giorni; questo farmaco non va impiegato in gatte gravide o in lattazione. Il metronidazolo, invece, porta soltanto ad un transitorio miglioramento dei sintomi.

Ad oggi non esistono casi documentati di passaggio dell’infezione dal gatto all’uomo, si consiglia pertanto di ricorrere alle normali precauzioni igieniche qualora si debba maneggiare materiale fecale di soggetti infetti.

A cura della dott.ssa Martina Chiapasco della Clinica Veterinaria Borgarello.

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martedì 17 giugno 2014

Genivostomatite cronica felina: segni clinici e diagnosi

Si tratta di una patologia infiammatoria del cavo orale, molto comune, che colpisce i gatti senza apparente predilezione di razza, di sesso o di età. Per descrivere questa malattia, sono stati utilizzati diversi termini, quali stomatite plasmacellulare, stomatite cronica felina. In passato la gengivostomatite cronica felina è stata spesso erroneamente descritta come lesione da complesso del granuloma eosinofilico.

Feline Stomatitis and Peridontal Disease

L' eziopatogenesi non è ancora chiara, si suppone che siano agenti causali i batteri della placca sopra-sotto gengivale, alcuni virus (Calicivirus) e stati di immunodeficienza (FIV e/o FeLV). Attualmente si attribuisce alla gengivostomatite cronica un'eziologia multifattoriale e si pensa che le lesioni del cavo orale siano conseguenza della risposta infiammatoria dell'organismo a stimoli persistenti di natura batterica e virale. Va sottolineato a questo proposito che, con l'esclusione di alcuni soggetti immunodepressi, i gatti colpiti da questa condizione patologica mostrano una risposta immunitaria normale, sia umorale che cellulare. Nonostante ciò si ritiene che il sistema immunitario rivesta un ruolo importante, anche se non è ancora stato individuato quale esso sia.

Dal punto di vista istopatologico, è possibile distinguere due tipi di stomatite cronica erosivo-ulcerativa: il primo, caratterizzato da denso infiltrato di linfociti e plasmacellule nella sottomucosa, il secondo, caratterizzato invece da infiammazione cronica attiva, con presenza di neutrofili della mucosa e sottomucosa. Spesso è interessato anche l'osso alveolare, che mostra infiltrato infiammatorio misto ad alterazioni litiche della struttura.

gengivostomatite-cronica-citologia

Il quadro clinico riporta i segni di infiammazione acuta, i quali si evidenziano con alitosi, scialorrea, difficoltà alla prensione e/o alla masticazione del cibo, inappetenza o anoressia, e conseguente perdita di peso. Spesso per eseguire l'esame del cavo orale è necessaria la sedazione profonda o l'anestesia generale a causa del forte dolore provocato delle lesioni. Generalmente si possono identificare due aspetti clinici principali, che possono variamente combinarsi tra:

  • Gengivite e stomatite: l'infiammazione coinvolge soprattutto le gengive e la mucosa buccale, e in misura minore le mucose palatolinguali. Soprattutto a livello dei denti premolari e molari, meno frequente è il coinvolgimento della regione degli incisivi e dei canini.

  • Faucite: infiammazione localizzata soprattutto nella porzione distale del cavo orale.

Quasi sempre le lesioni della gengivostomatite cronica felina sono associate alla presenza di placca e tartaro, e di malattia parodontale, con conseguente linfoadenopatia regionale.

La diagnosi è basata sulla valutazione dei segni clinici e dalla sintomatologia, si raccomanda comunque un prelievo bioptico della mucosa e dell'osso alveolare. Per valutare le caratteristiche dell'infiammazione della mucosa può essere sufficiente l'esame citologico. L'esame clinico deve poi essere completato da controlli ematologici, sierologici e infettivi (FIV-FeLV), e da uno studio radiografico completo del cavo orale per accertare l'esistenza di parodontopatie o di frammenti di radici ritenute.

A cura della dott.ssa Noemi Faccoli della Clinica Veterinaria Borgarello.

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venerdì 13 giugno 2014

Incontinenza urinaria nel cane e nel gatto

L’incontinenza urinaria è definita come un’inappropriata emissione di urina che, di solito, insorge per difficoltà di raccolta dell’urina all’interno della vescica.
Le forme di incontinenza urinaria osservate più frequentemente sono rappresentate dall’incontinenza da stimolo infiammatorio e quella influenzata da secrezioni ormonali.
L’incontinenza si verifica quando la pressione interna della vescica supera quella esercitata dal muscolo sfintere dell’uretra. Il controllo dello svuotamento è mediato da stimoli nervosi volontari e involontari.
I disturbi della minzione possono essere suddivisi in due grandi categorie: disturbi di tipo neurologico e disturbi di tipo ormonale.
La condizione di incontinenza può anche essere provocata dall’età avanzata e da alcune patologie come il diabete, la piometra, l’iperadrenocorticismo, l’ipercalcemia.

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Cause di incontinenza urinaria nella femmina

Un’altra importante causa dell’incontinenza urinaria è la sterilizzazione. Diversi autori hanno effettuato numerosi studi su casi di incontinenza dopo ovariectomia che si presenta nella femmina con una frequenza variabile da 1,3% a 20,1%.
Nella maggior parte dei casi a seguito della sterilizzazione si verifica un’alterazione funzionale dello sfintere uretrale. Le principali cause  di tale alterazione comprendono difetti anatomici quali la posizione della vescica, la conformazione uretrale e/o la sua lunghezza e cause ormonali come la concentrazione di estrogeni nel sangue.
Il tipo di intervento effettuto (ovariectomia o ovarioisterectomia) non sembra indurre una diversa incidenza dell’incontinenza urinaria. Sembra però importante la predisposizione di razza con particolare riferimento a Boxer, Pastore tedesco, Dobermann, Bob Tail.
Il rischio di incontinenza è in stretta relazione con il peso corporeo, infatti si presenta con una percentuale maggiore in cani con peso superiore ai 20 Kg.
L’età al momento della castrazione è un evento da tenere in considerazione. Si pensi infatti che l’incidenza di incontinenza urinaria è pari al 21% in cagne castrate prima del loro primo calore, e si riduce allo 0,5-0,6% se castrate dopo il primo calore.
L’incontinenza si presenta nel 75% nei primi 3 anni dopo l’intervento con una incidenza che arriva sino al 20,1%. Tra questi casi il 97,6% ha incontinenza esclusivamente nel sonno e solo il 2,4% è incontinente sia nel sonno che nello stato di veglia.
Complicazioni post-operatorie da ovarioisterectomia e isterectomia  possono portare ad incontinenza. L’adesione del moncone cervicale con la vescica, uretere o colon provoca una alterazione meccanica dell’attività fisiologica dello sfintere che porta ad incontinenza. La posizione della vescica, in particolare, sembra determinare incompetenza del meccanismo dello sfintere. Quando il collo della vescica è in cavità pelvica addominale, un aumento di pressione intraddominale viene trasmesso non solo alla vescica, ma anche al collo della vescica e dell’uretra. Ciò determina un’aumentata pressione intravescicale con nessuno o scarso aumento concomitante della pressione nell’uretra, con conseguente perdita di urina. Inoltre vi è una differenza significativa nella posizione del collo della vescica in cagne continenti e incontinenti. Questa differenza incide sulla lunghezza e sull’andamento dell’uretra, rilevando che cagne incontinenti hanno una lunghezza maggiore dell’uretra rispetto a cagne continenti. Poiché nell’uretra sono stati evidenziati dei recettori per gli estrogeni si presume che le mucose e il tono dello sfintere siano sensibili a questi. Gli estrogeni a livello di uretra aumentano la sensibilità dei recettori alfa nei confronti di farmaci alfa-agonisti (simpaticomimetici). Tuttavia è improbabile che la sola carenza di estrogeni sia determinante per l’incontinenza.

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Cause di incontinenza urinaria nel maschio.
Anche nei maschi si possono avere cause di origine neurologica oppure cause di origine infiammatoria. Spesso si può avere incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale dopo la castrazione, anche se meno frequente rispetto alla femmina. In condizioni normali una prostata di normali dimensioni può esercitare una trazione sull’uretra, mantenendo il collo della vescica più craniale rispetto al margine del pube. Dopo la castrazione la riduzione della prostata provoca uno spostamento caudale del collo della vescica che verrà ad assumere una posizione intrapelvica. Inoltre una prostata di normali dimensioni comprime fisiologicamente l’uretra prostatica aumentando così la resistenza uretrale al flusso dell’urina.

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Diagnosi
La sintomatologia principale dell’incontinenza urinaria è la perdita involontaria di urine. Questa si può verificare durante il sonno, durante la veglia e quando vi è un aumento di pressione in addome, cioè quando l’animale è sdraiato o quando abbaia o è eccitato. Le indagini che devono essere effettuate sono:

-esame neurologico
-esame delle urine
-urografia discendente e uretrografia con mezzo di contrasto
-ecografia
-elettromiografia
-esame ematochimico completo

Terapia medica
Il trattamento delle cagne incontinenti con estrogeni è stato per alcuni anni la terapia standard. Gli estrogeni accrescono il tono dello sfintere uretrale interno sensibilizzando i recettori a-adrenergici nei confronti delle sostanze a-agoniste. Oggi sono scarsamente utilizzati poiché vengono riconosciuti possibili effetti collaterali come la depressione midollare. Vengono preferite sostanze simpaticomimetiche che stimolano i recettori del collo della vescica e dell’uretra craniale aumentando il tono dell’uretra e le chiusura dello sfintere. In particolare la fenilpropanolamina cloridrato è uno dei più sicuri a-agonisti per uso clinico. L’efficacia della fenilpropanolamina è del 90-92% nella femmina, mentre nel maschio è del 50%.

Terapia chirurgica
In letteratura vengono riportati diversi interventi chirurgici per la risoluzione dell’incontinenza urinaria, che comprendono l’Atopa, iniezioni di teflon, iniezione di collagene, colposospensione, cistouretropessi, protesi sfinteriche. In particolare i risultati della colposospensione dimostrano che questa è la procedura con la quale si è risolta l’incontinenza urinaria nelle cagne, in quanto vi è la ricollocazione del collo della vescica in posizione intra-addominale  con spostamento craniale della vagina e conseguente spostamento craniale del collo della vescica. Nel cane maschio l’intervento più sicuro è lo spostamento craniale della vescica ottenuto agendo con una leggera tensione sui dotto deferenti fino a che la prostata non viene spostata cranialmente di circa 1 centimetro. Questo intervento associato a una terapia medica adeguata porta a risoluzione circa l’ 85% dei casi di incontinenza nel maschio.

A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello.

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martedì 10 giugno 2014

Filariosi cardiopolmonare nel cane

La filariosi cardiopolmonare è la manifestazione clinica della parassitosi da Dirofilaria immitis, un nematode.
I nematodi adulti danneggiano il sistema vascolare polmonare e il polmone, causando alterazioni dell'arteria polmonare e nell' infestazioni gravi, ipertensione polmonare e sovraccarico pressorio del ventricolo destro.
Il cuore e il polmone sono solitamente i principali organi danneggiati nella filariosi grave.


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Anatomia Patologica
Gli adulti della Dirofilaria danneggiano l'endotelio dell'arteria polmonare, causando edema, alterazione delle giunzioni intracellulari, e attivazione delle piastrine e dei leucociti.
A causa questi cambiamenti, le arterie polmonari si ingrossano e il loro lume si restringe. Tromboemboli polmonari, presumibilmente secondari a vermi adulti morti e formazioni esuberante di microvilli possono causare il blocco del flusso sanguigno attraverso le arterie polmonari.
Nella filariosi cardiopolmonare possono anche avvenire reazioni parenchimali polmonari. Il sequestro delle microfilarie e la reazione delle microfilarie sequestrate nel parenchima polmonare possono causare polmonite.
La gravità della filariosi cardiopolmonare è spesso, ma non sempre, correlata al numero dei parassiti.
Nei cani con grave infestazione da parassiti adulti, può avvenire la migrazione retrograda dei vermi nell'atrio destro e in corrispondenza della valvola tricuspide, causando la sindrome della vena cava.
Fisiopatologia
Se le arterie polmonari sono gravemente danneggiate, e specialmente se sono presenti tromboemboli, la resistenza vascolare polmonare aumenta, causando una notevole ipertensione polmonare. Possono allora insorgere ingrossamento del cuore destro ( ipertrofia eccentrica ) e insufficienza del cuore destro.
I cani con filariosi grave mostrano una marcata intolleranza all'esercizio fisico e possono sviluppare insufficienza congestizia del cuore destro.
Segnalamento
Non ci sono predisposizioni di età o di razza per la filariosi cardiopolmonare.
E' improbabile che i primi segni della malattia compaiono prima dei 7 mesi d'età, a causa del ciclo di vita della Dirofilaria Immitis.
Diagnosi
Identificazione di microfilarie della Dirofilaria immitis in campioni di sangue.
Test sierologico positivo per l'antigene della Dirofilaria immitis adulta, specialmente in presenza di segni clinici o cambiamenti radiografici tipici della filariosi cardiopolmonare.
Segni clinici di intolleranza all'esercizio fisico, tosse, o insufficienza congestizia al cuore destro in associazione ad alterazioni radiografiche.
Diagnosi differenziale
Disturbi respiratori primari, incluse le malattie infettive, parassitarie, infiammatorie e neoplastiche.
Neoplasia polmonare primaria o metastatica.
Altre patologie cardiache, come la cardiomiopatia dilatativa, la displasia o la degenerazione della valvola tricuspidale, le patologie cardiache congenite e le malattie pericardiche.

Articolo a cura dello Staff della Clinica Veterinaria Borgarello
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venerdì 6 giugno 2014

Leishmaniosi canina: segni oculari

La leishmaniosi è una malattia sostenuta da parassiti appartenenti ai protozoi. L'agente principale della leishmaniosi nelle aree mediterranee è la Leishmania infantum, un parassita in grado di colpire soprattutto il cane, ma spesso anche l’uomo. E’ veicolata da un insetto, il flebotomo e, proprio per questo motivo, la trasmissione del parassita avviene soprattutto in estate. Dopo che il parassita ha punto l’animale, gli amastigoti della Leishmania infettano i macrofagi del derma. Se l’ospite non attiva una risposta immunitaria protettiva nei suoi confronti, il microrganismo si moltiplica e si diffonde in tutto l’organismo, causando la patologia. La forma viscerale presenta un coinvolgimento multiorgano in seguito all’infezione del sistema reticolo endoteliale. Il microrganismo deprime l’immunità del sistema delle cellule T (utili nel contrastare la patologia), mentre aumenta l’attività delle cellule B (coinvolte nella manifestazione dei sintomi tipici della malattia). Dal momento che ogni cane reagisce in modo soggettivo all’infezione del parassita, il periodo di incubazione varia da pochi mesi ad alcuni anni.

leishmaniosi

La maggior parte dei pazienti con leishmaniosi viene sottoposta a visita clinica per la manifestazione di sintomi dermatologici, segni sistemici quali anoressia e dimagrimento, zoppie, linfoadenomegalia. Inoltre possono essere visibili alcuni segni oculari e, nel 15 % dei casi, questi rappresentano il solo segno della patologia. Si suppone che le manifestazioni oculari siano il risultato di una combinazione tra l’infiltrazione diretta del microrganismo e la risposta immunitaria dell’animale.

In questi pazienti il risultato dell'esame oftalmologico può essere molto variabile. In alcuni casi gli occhi si presentano nella norma (soprattutto nelle fasi iniziali della malattia), in altri pazienti è possibile osservare invece un ispessimento delle palpebre, associato a segni di infiammazione ed alopecia della zona perioculare. Altri presentano chemosi e congiuntivite marcata, con o senza lesioni corneali. Si possono notare noduli in corrispondenza del limbo corneale e occasionalmente si evidenziano ulcere e vascolarizzazione corneale. Sono invece reperti comuni l'uveite anteriore, con miosi, intorbidimento dell'umor acqueo ed edema irideo. I pazienti che presentano questi segni clinici spesso hanno anche dolore e possono essere ciechi. Se il fondo oculare è ispezionabile, è possibile riscontrare segni di corioretinite. Raramente è presente cellulite orbitale associata ad esoftalmo dolente. E' importante eseguire sempre il test di Schirmer per valutare la produzione di lacrime: alcuni cani hanno infatti anche cheratocongiuntivite secca. Anche la misurazione della pressione intraoculare rappresenta uno step fondamentale: il glaucoma secondario rappresenta infatti una delle complicazioni caratteristiche della malattia.

Oltre alla terapia specifica nei confronti della leishmaniosi è necessario effettuare anche un trattamento sintomatico nei confronti dei segni oculari: in caso di uveite si utilizza una combinazione di steroidi topici e atropina in collirio. Potrebbe essere necessaria la terapia specifica per la cheratocongiuntivite secca, oppure antibiotici topici in caso di ulcera corneale. Potrebbe essere necessario somministrare una terapia nei confronti del glaucoma o, in presenza di blefariti ulcerative, antibiotici sistemici come cefalessina o amoxicillina e acido clavulanico. Per ciò che riguarda il glaucoma occorre ricordare che, essendo una patologia dolorosa, se la terapia medica non riesce a controllarlo ed il paziente diventa cieco, può essere necessario procedere con l'enucleazione.

La prognosi di leishmaniosi deve essere riservata. Molti casi infatti rispondono bene al trattamento iniziale, ma sono frequenti le recidive. Talvolta con la recidiva cambia il quadro clinico: è in questa fase, ad esempio, che possono manifestarsi segni clinici oculari precedentemente assenti. La prognosi è generalmente migliore se le lesioni sono a livello degli annessi oculari (in particolar modo le palpebre), piuttosto che se coinvolgono i comparti interni dell'occhio come l'uveite o il glaucoma.

A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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martedì 3 giugno 2014

Il cucciolo e la copertina

Per la corretta crescita del nostro cucciolo vediamo insieme come utilizzare la mitica ed indispensabile copertina.
Il cucciolo, in quanto tale, tende ad avere la vivacità e spesso l'irruenza tipica dei giovani, anzi dei “molto giovani”...Vivendo in un branco-famiglia è però importante insegnargli subito che non può sempre avere l'attenzione del gruppo, perché esistono momenti in cui bisogna stare tranquilli e non invadere lo spazio altrui: in buona sostanza deve imparare ad auto-controllarsi ovvero il concetto di “calma”.
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Come per tutte le altre regole, anche per lavorare sulla calma esistono delle tecniche: innanzitutto è necessario procurarsi una copertina (non importa di che tipo anche un grande asciugamano può andare bene) da
utilizzare inizialmente solo in presenza dei proprietari, per evitare che
venga subito distrutta!. Questa copertina deve essere sistemata vicino ai
padroni o dove il cucciolo abitualmente si sdraia e , ogni volta che si cambia stanza, bisogna portarsela dietro: attenzione essa non vuol essere un sostituto della cuccia.
Ogni volta che il nostro amico vi si siede o si sdraia sopra spontaneamente bisogna immediatamente premiarlo, mentre va ignorato qualsiasi altra cosa faccia soprattutto alzarsi o chiedere attenzioni. Per i primi giorni il premio viene conferito immediatamente dopo l'azione e ,successivamente, a intervalli molto brevi tutto il tempo che rimane tranquillo sulla coperta (all'inizio ci starà probabilmente pochissimo!). Con il passare del tempo si dovrà aspettare a premiarlo un po' di più rispetto a quando si siede sul tappetino e si aumenterà l'intervallo tra un premio e l'altro.
Si possono utilizzare crocchette o qualsiasi cibo appetibile e ancora, per comodità, anche i bastoncini di pelle di bufalo, più lunghi da finire e quindi più comodi soprattutto all'inizio in cui si deve premiare ad intervalli ravvicinati.
L'importante è che il cucciolo vada su questo tappetino di sua iniziativa: si
possono anche creare situazioni di ostacolo con sedie o quant'altro nei
pressi della copertina (senza fargli male) in maniera tale che sia costretto a salire proprio li. La copertina deve diventare per il nostro amico a quattro zampe una vera e propria isola di calma e sicurezza, così com'è per noi il divano preferito!. Proprio perché deve rappresentare una zona di tranquillità è importante che non sia disturbato mentre ci si trova sopra.
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Questa tecnica può risultare di grande utilità anche quando si vuol portare fuori il cucciolo (in locali, a casa di amici, in macchina, al ristorante): una volta assunto come area di calma, il tappetino aiuterà ad ottenere una condizione di tranquillità da parte del cane, potendo godere della sua compagnia anche in ambienti differenti dalla propria abitazione.
Imparare a gestire il proprio cucciolo in un ambiente sempre più antropomorfizzato ci permetterà di non separarci mai dal nostro piccolo e godercelo in serenità per noi e per gli altri.
A cura della
Clinica Veterinaria Borgarello.
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